Mentre la Dc Comics è da sempre stata una delle più grandi case editrici di fumetti, la Marvel diventa una vera competitor solo negli anni sessanta. Nei primi settanta compie il sorpasso diventando la casa editrice numero uno nel campo dei comic book, primato che detiene ancora ai nostri giorni. Questa rivalità che ha attraversato i decenni, ha incoraggiato i disegnatori a passare dall’una all’altra casa editrice alla ricerca di un trattamento economico e creativo migliore.

Questi andirivieni hanno finito per determinare il corso stesso della storia del fumetto, come vedremo in questo articolo dove ricordiamo i disegnatori più noti che hanno lavorato per entrambe le case editrici.

 

John Romita

John Romita inizia a lavorare per la Atlas (vecchio nome della Marvel) all’inizio degli anni cinquanta disegnando per numerosi albi antologici, tra i quali Strange Tales, War Adventures e Wild Western. Nel 1953 pubblica anche su Love Romances, un albo Atlas dedicato alle storie sentimentali dove Romita comincia a farsi notare per le sue figure femminili, anche se per qualche anno continuerà ad occuparsi soprattutto di western. Quando la Atlas va in crisi verso la fine degli anni cinquanta e licenzia quasi tutti i suoi collaboratori, Romita passa alla Dc per dedicarsi principalmente alle storie rosa che appaiono su Secret Hearts, Girl’s Romances e Girl‘s Love Stories. Romita diviene ben presto il principale interprete del genere “romance” all’interno della casa editrice, disegnando per tre delle cinque collane pubblicate e illustrando due o tre copertine al mese.
In realtà, il periodo di otto anni passato a disegnare fumetti rosa fu per il disegnatore abbastanza frustrante: «Fu davvero noioso, dopo un po’ persino esasperante. L’unico motivo per cui lo feci fu per sostenere la mia famiglia. Le normali storie romance sono molto piatte. Qualche volto in lacrime, ma non succede mai nulla. Così, quando le vivacizzai e ci misi un po’ più di personalità, mi sentii orgoglioso di me stesso».

 


Il genere va in crisi a metà anni sessanta, così Romita accettò di buon grado la chiamata di Stan Lee, tornando alla Marvel nel 1965 su Daredevil n.12 con il gravoso compito di far dimenticare il mitico Wally Wood. Prima di allora Romita aveva disegnato un solo supereroe: il glorioso capitan America, che la Atlas aveva tentato di rilanciare a metà anni cinquanta in versione anticomunista. Ma grazie anche ai numerosi layout che Jack Kirby realizzò per lui, Romita imparò ad adeguarsi allo stile dinamico della casa editrice. La sua avventura su Devil dura solo otto numeri poiché, quando nell’estate del 1966 Steve Ditko abbandona la Marvel, Romita diviene il nuovo disegnatore di The Amazing Spider-Man, iniziando una veloce ascesa ai vertici della casa editrice di cui diventerà art director nel giugno 1973.

 

Gene Colan

Gene Colan approda alla Marvel nel 1948 (quando si chiamava Timely), all’età di 22 anni. Viene impiegato un po’ in tutti gli albi che andavano per la maggiore, quindi polizieschi (Crimefighters), western (Wild West) e fumetti rosa (Our love). Il 25 giugno del 1950 le truppe dell’esercito nordcoreano invadono la Corea del Sud e l’America preoccupata per il dilagare del pericolo comunista entra in guerra. Martin Goodman, l’editore della Marvel, chiede a Stan Lee e al suo team di mettersi al lavoro per la realizzazione  di fumetti di guerra e nel settembre 1950 esce War Comics n.1 (datato dicembre). Gene Colan è presente fin dal primo numero, che anche grazie al suo contributo, ebbe subito successo tanto che già nel 1952 la Atlas pubblicava ben 17 diversi titoli del genere bellico, per un totale di 125 numeri all’anno. A partire dal 1952 Colan si divide equamente tra Atlas e Dc (che paga di più), per la quale realizza soprattutto fumetti di guerra per le riviste Our Army at War, All American Men of War e Our Fighting Forces. Fino a che collabora solo per la Dc. Stan Lee lo richiama nel 1965 e, con lo pseudonimo di Adam Austin, lo mette a disegnare le storie di Sub-Mariner su Tales to Astonish.

 


L’anno dopo, con il passaggio di Romita su The Amazing Spider-Man, Gene Colan viene immediatamente individuato come il disegnatore giusto per rimpiazzarlo, dando inizio a un’epica run che durerà fino all’inizio degli anni settanta, quando il nostro si dedicherà quasi completamente alla sua nuova serie acclamata dalla critica: Tomb of Dracula. Nel 1981, dopo aver litigato con il nuovo editor Jim Shooter, che lo accusa di saltare troppe vignette delle sceneggiature, passa alla Dc, dove gli affidano il loro personaggio di punta: Batman. Contrariamente alle aspettative la run di Colan su Batman non risulta indimenticabile, schiacciata come è tra i vecchi gioielli di Neal Adams e il nuovo Ritorno del Cavaliere Oscuro di Frank Miller. Nonostante lo splendido apporto di Klaus Janson alle chine di Colan, le tavole danno l’impressione di qualcuno che si limita a svolgere il compitino senza aggiungere nulla in più. La figura di Batman appare un po’ ingessata rispetto alle sbalorditive evoluzioni di Devil e il risultato generale non appare all’altezza di uno dei migliori disegnatori della Silver age. Incidono negativamente anche i testi che gli assegnano, non memorabili. Colan tornerà alla Marvel nel 1988, ormai gravato da seri problemi di salute.

 

Gil Kane

Gil Kane inizia a lavorare alla Dc a 18 anni durante la Golden age, disegnando uno dei personaggi più classici del periodo: Sandman. Durante gli anni cinquanta, tramontati i supereroi, Kane si cimenta in altri generi, tra i quali spicca il western dove si dedica tra gli altri ai personaggi di Jimmy Wakely, Johnny Thunder e Hopalong Cassidy. A metà del decennio l’editor Julius Schwartz rilancia il genere supereroistico dando inizio alla Silver age. E se Flash è il primo supereroe a essere rinnovato nel 1956, il secondo è Lanterna Verde nel 1959, in “SOS Green lantern”. La storia è di John Broome, uno degli scrittori di fantascienza che Schwartz aveva convinto a passare al fumetto. Alle matite, il già “tridimensionale” Gil Kane, a cui piaceva basare i volti dei suoi personaggi su persone che conosceva, per il volto di Hal Jordan sceglie quello del suo vecchio vicino di casa: l’attore Paul Newman.

 

 

Per tutti gli anni sessanta Kane disegna Lanterna Verde contribuendo a farlo diventare uno dei titoli più venduti della casa editrice, con oltre 270mila copie mensili. Nel 1965 inizia a collaborare con la Marvel utilizzando diversi pseudonimi, quali Scott Edward, Gil Stack e Al Kame. Il suo ultimo numero di Lanterna verde è il n. 75, del gennaio 1970, con il successivo la sentinella spaziale passa a Neal Adams, che darà vita con i testi di Danny O’Neill a una delle serie più acclamate del decennio.
Per la Marvel, Gil Kane si concentra in particolare su Amazing Spider-Man, del quale diventa il matitista principale. Tra i suoi lavori più apprezzati dai fan c’è l’indimenticabile n.121, dove muore Gwen Stacy. Per tutti gli anni settanta Kane lavora prevalentemente per la Marvel, riservando alla Dc poche collaborazioni. Lavora di più per la Dc negli anni ottanta, quando gli vengono affidate anche alcune storie di Superman.

 

Steve Ditko

Steve Ditko inizia a disegnare per la Atlas/Marvel nel 1955, pubblicando soprattutto su Journey into Mistery e su Strange Tales. Sono i cosiddetti “racconti di mostri”, principali protagonisti del periodo pre-supereroi della Marvel. Il personaggio che meglio rappresenta Ditko nasce qualche anno dopo. All’inizio del 1962, Stan Lee ha l’idea di un supereroe adolescente legato ai ragni. Passa l’idea a Jack Kirby che amava i supereroi collegati agli insetti (con Joe Simon, aveva creato The Fly per la Archie Publications). Kirby iniziò a realizzare un episodio introduttivo, rifiutando alcuni degli elementi più fantastici della storia di Lee, radicando il personaggio in una situazione domestica con una zia e uno zio gentili e dando al supereroe un’origine segreta che ruotava attorno a un vicino scienziato. Forse per l’eccessiva somiglianza del personaggio con The Fly (la Mosca) data da Jack Kirby, Lee lo passò a Steve Ditko.

 

 

Occhiali spessi come il fondo di bottiglia, spalle cadenti e un costume fatto in casa, ecco fatto l’Uomo Ragno. Ditko era acuto quasi quanto Kirby quando si trattava di plasmare i personaggi per renderli efficaci. L’Uomo Ragno nelle sue mani diventò un personaggio iconico e il simbolo stesso della Casa delle idee. Questo dura fino al 1966, quando sentendosi poco valorizzato abbandona la Marvel.
Dopo aver creato per la Charlton i personaggi di The Question, Steve Ditko inizia nel 1968 a collaborare con la Dc Comics ideando The Creeper e Hawk and Dove. Nel 1975, per la stessa casa editrice, disegna due personaggi non suoi: Stalker e Man-Bat. Nel 1977 crea un nuovo interessante personaggio personale: Shade the Changing Man. Nel 1979 torna a collaborare con la Marvel occupandosi del personaggio di Machine Man dopo l’abbandono di Kirby. Nel 1982 va alla Pacific Comics, dove illustra The Missing Man, e alla Archie per occuparsi del redivivo The Fly.

 

Jack Kirby

Per la sua lunghissima carriera, Jack Kirby è un po’ diventato il simbolo di questo andirivieni tra Marvel e Dc, che inizia già nel 1942 quando in seguito al mancato riconoscimento delle royalties sulle vendite di Capitan America, Kirby chiude con la Timely/Marvel e inizia a lavorare per la Dc con la serie dei Boy Commandos, che per tutto il periodo bellico farà registrare ottime vendite. Tra il 1944 e il 1945, Kirby pubblica pochissimo, impegnato com’è sul fronte europeo a combattere i nazisti. Kirby cessa di lavorare per la Dc nel 1949 in seguito al successo di My Date, Young Romance e Young Love, i tre albi rosa prodotti per la Crestwood dallo studio che condivide con Joe Simon. Nel 1954 viene introdotto il Comics Code, un ente fortemente autocensorio, e l’industria del fumetto sprofonda nella peggiore crisi della sua storia. Nel febbraio del 1955 la nuova casa editrice di Simon e Kirby, la Mainline, chiude i battenti dopo soli pochi mesi. L’anno dopo per un po’ Kirby inizia a lavorare a prezzi stracciati per la Atlas/Marvel sul personaggio di Yellow Claw. Nel 1957 approda di nuovo alla Dc (che paga di più), creando per l’occasione i Challengers of Unknown.

 


A metà del 1959, Jack Kirby litiga con Jack Shiff, un pezzo grosso della Dc. La causa è il mancato riconoscimento di una “percentuale” all’editor per la pubblicazione della striscia giornaliera Sky Masters of the Space Force, che gli aveva procurato, di conseguenza Kirby viene cacciato dalla Dc. Per i successivi dieci anni Kirby lavorerà solo per la Marvel. Durante questo decennio, considerato il più creativo della sua carriera, Kirby sfornerà decine di personaggi di successo ponendo le fondamenta dell’intero Universo Marvel. Fino al 1969, quando un Kirby amareggiato con la Marvel, che continua a promettergli il riconoscimento dei diritti sulle sue creazioni senza mai concederglielo, incontra il suo vecchio amico Carmine Infantino, ora editor della Dc, e gli mostra le prime tavole inedite dei New Gods. Nel 1970 Kirby passa con grande clamore alla Dc.
Le cose non andarono però nel verso giusto. Le rivoluzionarie serie per le quali Kirby realizzava sia la storia sia i disegni non incontrarono il favore del pubblico è una dopo l’altra dovettero chiudere spingendo Kirby, nel 1975, dopo la scadenza del contratto con la Dc, a ritornare alla Marvel. Il Kirby dell’ultimo periodo Marvel continua a scrivere le storie, ma non convince ancora.

 

John Byrne

Il primo lavoro di John Byrne per la Marvel risale al 1975. Il terzo è il primo numero di Iron Fist. Il suo ultimo numero di Iron Fist è il 15, che si intitola “Enter the X-Men” (del 1977). È un presagio. Di li a poco diventerà il matitista proprio degli X-Men. Quando Byrne inizia a lavorare su Uncanny X-Men, questo era un titolo che stava ancora lottando per distinguersi dalla massa. I nuovi X-Men potevano vantare alcuni personaggi intriganti, tutto ciò di cui avevano bisogno era una spinta nella giusta direzione. Con il numero 108, il primo disegnato da John Byrne, gli X-Men ebbero quella spinta. Il suo segno modernissimo, inizialmente ispirato a Neal Adams, ma ormai unico e personale, fece diventare gli X-Men il supergruppo degli anni ottanta proiettandoli ai vertici dell’universo Marvel. E che dire dei Fantastici Quattro? Il fantastico quartetto che aveva dato origine a tutto, reinventando il fumetto supereroistico, all’inizio degli anni ottanta era ormai intrappolato in un limbo fatto di assurde banalità. Nel luglio 1981 Byrne iniziò la sua run, in cui si occupa sia delle storie sia dei disegni, con il numero 232 dei Fantastici Quattro, intitolato appropriatamente “Ritorno alle origini”. Da allora e per qualche anno l’albo poté di nuovo fregiarsi del sottotitolo originario “Il più grande fumetto del mondo”.

 


Nel 1983, John Byrne crea Alpha Flight: si tratta del terzo supergruppo su cui ha lavorato, dimostrando che orchestrare le dinamiche di molti personaggi fosse il suo forte. Nel 1986, quando lascia la Marvel per la Dc, John Byrne ha 36 anni: tutto quello che aveva toccato era diventato oro
. Allora perché si sentì tremare le ginocchia quando quelli della Dc gli chiesero di reinventare il personaggio creato da Siegel e Schuster, l’iconico Superman? Byrne cominciò con una miniserie di 6 albi (Man of Steel) dove reinventava le origini dell’Uomo d’Acciaio. Poi diede inizio alla nuova testata dedicata al personaggio che ripartiva dal n. 1, della quale disegnò i primi 22 numeri.
Alla fine del 1988, però, torna alla Marvel non essendo mai riuscito a entrare in sintonia con i dirigenti della Dc. Qui realizza l’originalissima serie di Sensational She-Hulk dedicata alla gigantessa verde che sotto la sua gestione aveva fatto parte dei Fantastici Quattro. Lascia la Marvel nel 1992 per passare alla Dark Horse, per cui realizza i Next Men. Nel 1995 torna alla Dc per fare Wonder Woman e New Gods. Nel 1998 torna ancora una volta alla Marvel e nel 2001 per l’ennesima volta alla Dc. Resiste fino al 2008 anno, in cui passa alla Idw,
la quinta casa editrice di fumetti statunitense.

 

Frank Miller

Frank Miller inizia alla Dc Comics nel 1978, nello stesso anno passa alla Marvel. L’anno successivo comincia la sua lunga run su Devil, che lo proietta nell’Olimpo degli autori Marvel. Nel 1982 cerca di farsi approvare un nuovo fumetto dalla Marvel, ma le trattative non vanno a buon fine così che Miller finisce per rivolgersi alla Dc Comics. Negli anni settanta la Dc era stata molto meno innovativa della Marvel, aveva sempre impostazioni tradizionali e rischiavo poco o nulla. Negli anni ottanta non ha più niente da perdere e inizia a compiere scelte più azzardate che risulteranno quasi sempre vincenti. A Frank Miller concede i diritti (cosa inusuale nell’ambiente editoriale dell’epoca) e carta bianca sulla programmazione artistica della sua nuova opera. E Miller realizza Ronin, guardando a Moebius e ai manga.

 


Pur con i suoi limiti, ne esce un fumetto innovativo che mette la Dc finalmente sotto i riflettori. Miller non lascia però la Marvel, per la quale realizza Elektra Saga tra il 1983 e il 1984, e il ciclo Born Again per Devil, tra il 1985 e il 1986. Poi, per la Dc Comics, nel 1986 arriva il capolavoro assoluto: Il ritorno del Cavaliere Oscuro. Un fumetto che lascerà un segno indelebile nella storia e che rilancerà definitivamente la Dc. Nel 1986 esce anche il suo Batman – Anno Uno: un anno memorabile durante il quale Miller divide equamente i suoi impegni tra le due grandi case editrici.
Nel 1990 migra alla piccola Dark Horse, dove realizza l’ennesima serie capolavoro: Sin City, serie che lo vede spingersi dove nessuno aveva osato prima, sia nei testi sia nei disegni. Nel 1993 torna brevemente alla Marvel per realizzare, insieme a John Romita Junior, Devil: l’Uomo senza paura. Poi continua con la Dark Horse fino al 2000. Torna in Dc all’inizio del secondo millennio per dedicarsi a Dark Knight Strike Again e altri progetti.

 

 

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