Nel 2012 i giornali di tutto il mondo scrivono con tono solenne che forse si è finalmente arrivati alla verità sulla scomparsa di Amelia Earhart. La famosa pioniera dell’aviazione sarebbe morta di fame e di sete nell’estate del 1937 sull’atollo disabitato di Nikumaroro, nell’arcipelago delle Kiribati: trentatré isole nel mezzo del Pacifico a cavallo dell’Equatore.

A provare che Amelia avrebbe trascorso i suoi ultimi giorni in questo isolotto sperduto ci sono alcuni piccoli oggetti che le appartenevano ritrovati sull’atollo da un’associazione che da anni fa ricerche sul caso. Sono frammenti di un vasetto di crema, una boccetta di balsamo per le mani, un grosso frammento di vetro trasformato in arma da taglio trovato accanto alle ossa di piccoli animali.

L’ipotesi è che Amelia e il suo navigatore avessero fatto un atterraggio di fortuna nel mare antistante, non trovando nell’isola una pianura sgombra di alberi da usare come pista.
Le ricerche erano state organizzate qui perché durante la guerra, nel 1940, un pilota britannico vi trovò uno scheletro, probabilmente di una donna.
Nel 2018, il riesame di questi elementi ha portato gli esperti alla conclusione che probabilmente l’aviatrice sia morta proprio nell’isola di Nikumaroro.

Ma chi era Amelia Earhart? E perché dopo tanto tempo il suo caso fa ancora clamore?
Amelia nasce nel 1897 ad Atchinson, vicino a Kansas City, nel Missouri. I suoi genitori sono Amy Otis ed Edwin Earhart, un laureato in legge alla perenne ricerca di occupazione.

La bambina però passa l’infanzia soprattutto con il nonno materno, Alfred Gideon Otis, ex giudice, presidente di banca e uno dei cittadini più in vista del Kansas.
Quando nel 1907 Edwin e la moglie vanno in cerca di fortuna in un altro stato, lo Iowa, lasciano la figlia per alcuni anni in custodia dai nonni. Ciononostante, Amelia cresce serena e fiduciosa delle proprie capacità.

Da bambina è un maschiaccio, sempre arrampicata sugli alberi o a caccia di topi con il fucile a pallettoni del nonno. A sette anni, con l’aiuto di uno zio, costruisce una lunga rampa a scivolo sul tetto di casa. Quando nevica, sale con la slitta e si getta nel vuoto. Non dimenticherà mai quelle sue prime esperienza di “volo” che la lasciano senza fiato.

Crescendo Amelia diventa una bella ragazza, alta, bionda. E corteggiatissima. Ma il suo obiettivo principale non è mettere su famiglia, bensì fare carriera in qualche settore professionale.

Nel suo diario raccoglie le foto delle (ancora pochissime) donne di successo nel campo della giurisprudenza e della medicina. Sua madre la sostiene e la fa iscrivere a una scuola superiore di scienze, frequentata solo da maschi.
Quanto al padre, è sempre più assente a causa della sua dipendenza all’alcol, che gli crea anche problemi sul lavoro.

La famiglia tira avanti con i soldi che la mamma ha appena ereditato dai genitori. Nel 1917 Amelia va a lavorare come infermiera in un ospedale militare canadese, dove vengono curati i soldati feriti in Europa nelle battaglie della Prima guerra mondiale.

A 23 anni Amelia Earhart sale per la prima volta su un aereo, pagando un dollaro, per un giro di dieci minuti sopra Los Angeles. Tra lei e il cielo è amore a prima vista: “Ho capito subito che il mio destino era volare”, scrive in seguito in uno dei suoi libri.

Prende il brevetto di pilota e, grazie al contributo della madre, compra un biplano di seconda mano. In poco tempo macina tutti i record femminili dell’aviazione, andando più in alto e più veloce delle colleghe. È pronta a qualsiasi cosa per appagare la sua passione. Anche a mettere in gioco la propria vita.

Una passione, però, che non è redditizia. A un certo punto deve vendere l’aereo e ritirarsi. Inizia a frequentare l’università, ma deve interrompere gli studi, perché la madre ha finito i soldi a causa di alcuni investimenti sbagliati.

Per fortuna nel 1927, dopo la prima trasvolata in solitaria dell’Oceano Atlantico di Charles Lindbergh, gli aviatori diventano personaggi alla moda. Amelia Earhart può riprendere a volare grazie ai fondi degli sponsor e, dopo altre prestazioni da record, diventa abbastanza nota per essere chiamata a promuovere insieme a Lindbergh la Tat (in seguito Twa), la prima compagnia aerea per passeggeri degli Stati Uniti.

Ormai la stampa di tutto il mondo parla di lei. Viene soprannominata “Lady Lindy”, ovvero la Lindbergh in gonnella. Lei, intanto, dopo un lungo fidanzamento con Samuel Chapman, un ingegnere di Boston che le fa da manager, lo sposa nel 1931. Desta un certo scandalo il fatto, inusuale in questi anni, che lei non usi mai il cognome del marito.
I due non avranno bambini, ma Amelia considera figli propri quelli avuti da Samuel nel primo matrimonio: David e George.

Nonostante il suo nuovo ruolo di moglie e “mamma”, nel 1932 Amelia Earhart decide di raggiungere l’Europa in un volo senza scalo, proprio nell’anno in cui Lindbergh ha ben altro a cui pensare, dato che suo figlio viene rapito e ritrovato morto.

Rimanendo saldamente alla cloche per quasi 15 ore, Amelia finisce la trasvolata dell’Atlantico atterrando in Irlanda. Si tratta della prima donna, e il secondo pilota in assoluto, a esserci riuscita viaggiando in solitaria. Per lei sono finite le preoccupazioni economiche.

Inizia a pubblicare libri e diventa testimonial di numerosi prodotti per la donna emancipata: dalle valige alle sigarette, fino all’abbigliamento sportivo. Di abiti se ne intende perché, fino a quel momento, i suoi se li era cucita da sola. Per la linea di abbigliamento, che ha come marchio le sue iniziali, “AE”, disegna personalmente i modelli.
Li caratterizza con linee semplici e morbide, munendoli di cerniere (in un’epoca in cui si usano quasi soltanto i bottoni) e grosse tasche, gli abiti sono a prova di pieghe e facilmente lavabili.

Il volo è sempre il primo pensiero di Amelia Earhart, che l’11 gennaio 1935 attraversa anche l’Oceano Pacifico in solitaria. O almeno una parte: dalla California alle isole Hawaii. Un’impresa che in precedenza avevano fallito diversi piloti maschi.

Ormai viene ricevuta dai capi di Stato, è sempre sui giornali ed è la donna più famosa d’America e del mondo. Soprattutto, stimola le donne a farsi avanti nelle professioni e nelle proprie passioni quando, in molti Paesi, non hanno ancora neppure il diritto di votare.

Alla ricerca di imprese sempre più audaci, l’aviatrice decide di fare il giro del mondo in aereo.
Insieme al navigatore Fred Noonan, Amelia parte il primo giugno 1937da Miami a bordo di un Lockeed Electra 10E modificato per contenere molto carburante.

Dopo aver costeggiato l’America del Sud, punta verso l’Africa, quindi arriva in India. Lasciata l’Asia, davanti a lei si apre lo sterminato Oceano Pacifico, punteggiato da isole ancora semiselvagge.
A un certo punto, Amelia si accorge che il carburante non è sufficiente e per farselo bastare getta dall’aereo tutto ciò che non è strettamente necessario.

Fred Noonan, il suo navigatore, l’uomo che deve indicarle la rotta, si trova in difficoltà con le imprecise mappe a sua disposizione. Sa solo che nel 31esimo giorno di viaggio stanno sorvolando il centro del Pacifico, non lontano da Howland. Si tratta di un’isola disabitata, salvo per la presenza di pochi uomini della Guardia costiera americana.

Il 2 luglio Amelia si mette in contatto via radio con l’isola per l’ultima volta: “Dovremmo essere sopra di voi, ma non riusciamo a vedervi a causa delle nuvole basse e il nostro carburante è ormai agli sgoccioli”. Poi il silenzio.

Subito si ipotizza che il velivolo sia caduto in mare in un raggio di 60-180 chilometri dall’isola. Tutto il mondo, che segue la traversata di Amelia grazie alla radio, ai cinegiornali e ai quotidiani, rimane con il fiato sospeso.
Il presidente americano Franklin Delano Roosevelt mette a disposizione 9 navi e 66 aerei per le ricerche, che però si concludono due settimane dopo senza un nulla di fatto.

Nonostante non si sappia più nulla di lei, del navigatore e dell’aereo, negli anni successivi il mito di Amelia Earhart non smette di crescere. Tutte le ragazze americane che vogliono fare carriera la prendono come esempio. E ci si continua a chiedere che fine abbia fatto.

Secondo l’ipotesi che per un certo periodo è andata per la maggiore, Amelia Earhart, in realtà, era in missione speciale per il governo. Proprio nel 1937 il Giappone aveva iniziato a invadere la Cina e per questo motivo i suoi rapporti con gli Stati Uniti erano diventati molto tesi.

Gli arcipelaghi micronesiani, che lambiscono il punto della scomparsa di Amelia, erano colonie giapponesi. Si pensava che l’aviatrice avesse finto di essere rimasta senza carburante per spiare le basi giapponesi, dalle quali sarebbe potuto partire un attacco all’America. Come in effetti accadde nel 1941, quando i giapponesi bombardarono a tradimento la flotta americana nelle isole Hawaii.

Se così fosse, che fine avrebbe fatto Amelia? Secondo la testimonianza imprecisa di alcune persone di quei luoghi, che parleranno molti anni dopo, i giapponesi l’avrebbero scoperta e giustiziata.

Secondo le recenti conclusioni, Amelia Earhart non si sarebbe diretta a nord, in Micronesia, ma sarebbe rimasta in Polinesia, ben 600 chilometri a sud dalla base americana di Howland.
Sarebbe precipitata e in seguito morta a Nikumaroro, l’isoletta delle Kiribati. A dimostrarlo ci sarebbero gli oggetti ritrovati sull’atollo. Ma appartenevano davvero a lei?

Comunque siano andate le cose, la vita, i successi e la scomparsa misteriosa di Amelia Earhart hanno ispirato libri e film, come Amelia, del 2009, con Hilary Swank e Richard Gere. E il suo nome è ancora noto a tutti gli americani.

 

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Di Sauro Pennacchioli

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