The Alienist Ep 106 6/30/17 ALIENIST_S1_106_30.06.2017_070.nef

L’alienista di Caleb Carr è nella lista dei miei romanzi preferiti.
Si tratta di un’opera che ha il pregio di unire complessità e leggerezza, senza mai eccedere da una parte o dall’altra.

Alienista

Lo scrittore Caleb Carr è uno storico militare, docente presso la New York University. Mi è già capitato di leggere romanzi di autori con il suo stesso background: la maggior parte delle volte si sono rivelati non voglio dire noiosi, ma quasi. Intriganti, ma privi di verve e mordente.

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Il romanzo de L’alienista è narrato in prima persona: il point of view device è quello del reporter John Moore del New York Times. Nel prologo, il reporter partecipa al funerale del suo vecchio amico Theodore Roosevelt all’inizio del 1919.

Lo stesso giorno, tanto per rinvangare i bei vecchi tempi con Roosevelt, Moore cena con un vecchio amico comune: il famoso alienista Laszlo Kreizler, presente al funerale insieme a coloro che era riuscito a trarre in salvo anni prima, ai tempi in cui Moore, Kreizler, Roosevelt e la loro “piccola squadra” si erano trovati in circostanze straordinarie che li aveva portati ad affrontare un vero mostro nella primavera del 1896.

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Da qui in poi, la storia de L’alienista è narrata in retrospettiva. Con Moore che, come di consueto nella detective fiction, ricopre il ruolo del “Watson”, grazie al quale il lettore e il narratore scoprono via via il caso insieme, commentando gli eventi che influiscono sulla storia.

Nel cuore di una fredda notte di marzo del 1896, John Moore ricorda che venne buttato giù dal letto da qualcuno che bussava con foga alla porta di casa sua. Dall’esterno arrivava la voce di un ragazzino che urlava il suo nome.

Racconta che la cosa lo mette in allarme, perché a quel tempo alcuni dei più efferati, violenti e pericolosi criminali che giravano per le strade di New York a stento arrivavano ai quindici anni d’età.

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All’ennesimo urlo, finalmente Moore riconosce la voce: è Steve “Stevepipe” Taggert , un orfano di undici anni con la fedina penale lunga un chilometro. In altre circostanze Moore non aprirebbe mai la porta, dato che il soprannome “Stevepipe” il ragazzino se l’è guadagnato perché la sua “arma” preferita è un tubo di piombo. Con il quale si è fatto una certa nomea come spaccatore teste.

Tuttavia il ragazzo è alle dipendenze di Laszlo Kreizler, vecchio amico di Moore. È stato mandato a casa sua con l’incarico di accompagnarlo il più in fretta possibile sulla scena di un crimine.

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Arrivato a destinazione, dove è già presente Theodore Roosevelt, l’altro suo amico e all’epoca capo della polizia, Moore scopre che il crimine è un omicidio.
La vittima è Giorgio Santorelli, in arte “Gloria”, un ragazzino di neanche tredici anni che si prostituiva in uno dei locali dei bassifondi di Five Points. Il posto più orribile e degradato della di New York di allora.

A Giorgio/Gloria qualcuno ha cavato gli occhi. L’ha sbudellato, mutilato in più punti e, dulcis in fundo, evirato. Il giorno dopo John Moore e Roosevelt si danno appuntamento con la loro amicizia comune: il dottor Kreizler, famoso  alienista specializzato in bambini “difficili”. Un uomo molto rispettato, ma, al tempo stesso, guardato con sospetto per le sue pionieristiche teorie nel campo della cura dei malati di mente.

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Quando le ipotesi avanzate riguardo all’assassino, o per meglio dire, questa nuova tipologia di omicida, troveranno conferma verrà messa in piedi una sorta di task force capeggiata da Kreizler

L’assassino è un individuo disturbato che segue un modus operandi schematico e preciso. Presenta molte analogie con l’uomo che a Londra qualche anno prima era stato definito “Lo squartatore”. Kreizler lo definisce assassino seriale.

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Cosa differenzia L’alienista da un qualsiasi altro thriller poliziesco? Essenzialmente il fatto che pone la classica caccia al killer sotto una luce diversa: tratta più del “perché”, anziché del “percome”.

Io sono d’accordo con chi accosta L’alienista a Il nome della rosa di Umberto Eco. Caleb Carr è uno storico: la spaventosa ricerca che ha compiuto per mettere in piedi una New York di fine Ottocento dettagliata e viva è incredibile. Pari all’opera di ricostruzione medievale fatta da Eco.

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La New York di questo periodo si anima grazie anche a una quantità di fatti e aneddoti. Quete cose, pur raccontate con uno stile quasi documentaristico, creano un’atmosfera molto suggestiva.

Tanto per capirci, l’omicidio del piccolo Giorgio inizialmente viene bellamente ignorato dalla polizia che lo registra come “crimine generico”, in quanto  quell’essere vestito da donna non è considerato una “persona normale”.

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Bisogna tenere presente che ancora fino al 2003 in dieci stati americani erano ancora in vigore le leggi sul “rapporto sessuale deviante”, la sodomia. Tra persone dello stesso sesso, e non, era illegale in qualunque forma e la pena variava da uno ai quindici anni di carcere.

Senza contare che Giorgio era pure un immigrato. Che insieme a molti altri immigrati italiani, irlandesi e tedeschi, viveva a Five Points in condizioni ai limiti dell’umano.

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Nel saggio The Gangs of New York: An Informal History of the Underworld di Herbert Asbury (da cui è stato liberamente tratto il film Gangs of New York di Martin Scorsese) vengono riportati alcuni fatti di cronaca dell’epoca.

Come quello di una ragazzina che viveva ammassata con altre venticinque persone in un seminterrato, accoltellata a morte per rubarle una monetina elemosinata. Il corpo fu lasciato in un angolo della stanza per cinque giorni, prima che venisse scavata una tomba improvvisata. Ovviamente, nella stanza stessa.

L’equilibrio che raggiunge Carr con L’alienista, fondendo fiction e saggistica, fa sì che personaggi e vicende prendano vita pagina dopo pagina, diventando sempre più solidi con il prosieguo della storia.
Ogni personaggio, fittizio o reale che sia, si muove in un contesto reale data l’attenta ricostruzione topografica della città e di quella storico-politica.

Perciò dicevo, è più una questione di “perché” che di “percome”. Kreizler è un pioniere, tanto rispettato quanto ripudiato sia dalla classe sociale agiata, totalmente “alienata” da quel che accadeva ai meno abbienti, sia dalla classe media. La cui morale non accettava l’idea di un bambino-prostituta, figuriamoci l’esistenza di un individuo che uccide senza un scopo chiaramente comprensibile.

Consideriamo poi che la storia si dipana agli albori della scienza forense, quando, per dirne una, il rilevamento delle impronte digitali era considerata per lo più ciarlataneria.

Qui conta il perché, il cosa spinge questo individuo a fare quel che fa. Tuttavia Carr non s’è dimenticato di ficcarci dentro un bel mistero.
Ammetto che sono dovuto arrivare a metà romanzo prima di capire come il killer riuscisse a compiere degli omicidi apparentemente impossibili.

Ci sono però anche un paio di cose che ho apprezzato di meno ne L’alienista. Per esempio, mi infastidisce quando i personaggi di un romanzo storico vengono adattati per essere in linea con la morale contemporanea.

Considerando che siamo nel 1896, vedere tutti, o quasi, i protagonisti che trattano chiunque da pari a pari, a prescindere dall’estrazione sociale, sesso o razza, è poco credibile proprio per l’accurata ricostruzione storica.

Altra cosa che non ho apprezzato ne L’alienista è il fatto che alcune sottotrame, come quella della classe alta che ostracizza le indagini di Kreizler, partono a bomba per poi avere sempre meno importanza nel corso della storia.

Non dico che vengano buttate via di punto in bianco, tuttavia passano in secondo piano. Eppure avrebbero potuto offrire uno spunto affascinante su come la psicologia era vista a quei tempi e sul modo in cui i potenti (come J.P. Morgan, pure lui presente come personaggio) manipolavano le classi inferiori per i propri interessi.

In ogni caso L’alienista è un romanzo solido. Memorabile. Impossibile quasi da raccontare. Che dipinge un mondo coerente, completo e appassionante senza richiedere alcun tipo di sforzo per immergervisi.

Da L’alienista, ventiquattro anni dopo la pubblicazione (il romanzo risale al 1994), è stata tratta una serie tv .
Già nel 1993, un anno prima che il romanzo venisse pubblicato, La Paramount acquistò i diritti per mezzo milione di dollari o giù di lì. Ci lavorarono su in millemila per fare sceneggiature e robe varie. Tanto che la produzione fu programmata per l’inizio del 1995.

Purtroppo le oltre cinquecento pagine de L’alienista, sature di contenuti, erano difficili da adattare a schermo per un tempo di esecuzione standard. Senza contare il piccolo dettaglio che il killer è un predatore sessuale che si muove nel mondo della prostituzione omosessuale minorile. Un’atmosfera piuttosto problematica e delicata.

Arriviamo quindi al 2018, con l’adattamento in dieci episodi prodotto da Tnt. Lo dico senza troppi giri di parole: la serie tv L’alienista non è male.
Ma avrebbe funzionato meglio dieci o quindici anni fa. E sì, lo so che è una cosa abbastanza paradossale.

Seppur con alcune differenze dal romanzo (ovviamente necessarie), tutto sommato L’alienista è un buon adattamento. La storia che vede muoversi scienza forense e scienza psichiatrica ai loro albori è ben resa anche su schermo. Tuttavia si nota una certa mancanza di carattere nella produzione in generale.

Sicuramente è una serie molto curata, con una certa attenzione ai dettagli. Ben recitata, con performance solide da parte di tutto il cast. In alcune parti riesce a raggiungere pure certi picchi estetici suggestivi.
Purtroppo, però, non funziona come dovrebbe. Probabilmente a causa della devozione cultish di Hollywood nei confronti degli spettacoli serial killer-centrici.

Robe come C.S.I. et similia hanno cambiato la percezione del pubblico sui meccanismi della risoluzione dei crimini. Perciò, se un episodio di un crime show qualunque riesce a creare più suspense de L’alienista c’è qualcosa che non va.

Per farla breve L’alienista serie tv non è, come ho detto, un cattivo prodotto. Lascia un po’ il tempo che trova, ma tutto sommato è uno spettacolo gradevole. Soprattutto se non si conosce il romanzo da cui è tratto.

Per quel che riguarda L’alienista romanzo, invece, vi consiglio di prenderlo. Sta a meno di quindici carte e ne vale assolutamente la pena.

 

Bene, detto questo direi che è tutto.

Stay Tuned, ma soprattutto Stay Retro.

 

 

 

 

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