ALDO BRAIBANTI, IL SIGNORE DELLE FORMICHE

Il signore delle formiche è un film di Gianni Amelio presentato nel 2022 alla 79ª mostra del cinema di Venezia. L’attesa per il film era alta e molti estimatori del regista calabrese pensavano che avrebbe vinto il Leone d’oro, per il quale era stato candidato.

Il film racconta il processo ad Aldo Braibanti, uno studioso che allevava e osservava le formiche in una teca di vetro. Osservava anche gli uomini come fossero formiche. Durante il processo, Braibanti non si difese. Si limitò ad assistere. 

 

 

Chi era Aldo Braibanti, il signore delle formiche

Aldo Braibanti, un piacentino nato nel 1922 e morto nel 2014, è vissuto molto tempo a Roma. Era uno scrittore, sceneggiatore, drammaturgo e poeta. Supponente e sicuro di sé, era un omosessuale. Nei primi anni sessanta si innamorò di un suo giovane amico di 23 anni, Giovanni Sanfratello, interpretato nel Signore delle formiche da Leonardo Maltese sotto il nome di Ettore Tagliaferri. Il regista non usa, per alcuni personaggi, il nome vero forse per poter prendere le distanze dalla vicenda reale.

I familiari di Sanfratello, conservatori e cattolici, non riuscivano ad accettare che il loro figliolo avesse scelto di vivere quel tipo di vita con Braibanti. All’epoca chi ammetteva o era sospettato di essere omosessuale era esposto al dileggio, alla battuta, al doppio senso, alla risatina, all’ammiccamento quando era fortunato e a conseguenze più gravi in altri casi.

Felice chi è diverso

Per capire l’atmosfera dell’epoca si può andare a vedere su Rai Play un documentario del 2014 di Gianni Amelio: Felice chi è diverso.

Il documentario raccoglie le testimonianze di anziani omosessuali. Alcuni sono personaggi famosi, altri persone comuni.  Quello che stupisce è che fossero oggetto di battutine anche persone serissime, anzi tristi e forse tragiche come era Pier Paolo Pasolini.

Io ricordo che era proprio così. Nel 1950 ero una bambina di 5-6 anni e un mio zio, di non ancora 20 anni, svillaneggiava un maggiordomo estremamente gentile che prestava servizio anche come autista presso una famiglia che viveva vicino a noi.

Io non capivo perché mio zio lo deridesse. Non riferii il fatto alla nonna, che lo avrebbe sicuramente ripreso. Era come se ci fosse un sortilegio, come se fosse giusto, ineluttabile, quello che stava succedendo e soprattutto fosse colpa della vittima, che non reagiva in alcun modo.

Cattivi maestri

Braibanti era un antifascista che aveva combattuto nella Resistenza e nel dopoguerra fu circondato da giovani entusiasti che lo consideravano un maestro.

Nel 1964 Ippolito Sanfratello, padre di Giovanni, presenta denuncia penale di plagio contro Braibanti alla Procura della Repubblica di Roma per avere indotto il figlio a sottomettersi alla sua volontà. All’epoca c’era la leggenda dei “cattivi maestri”, cioè di persone adulte, affascinanti, dotate di una cultura e di una dialettica superiore che potevano traviare qualsiasi ingenuo discepolo.

Coloro che erano giovani in quegli anni sentivano che la generazione dei genitori non poteva ergersi a maestra perché molti erano stati fascisti, avevano portato l’Italia alla guerra e allo sfacelo. I tempi erano cambiati e le aspettative dei giovani erano diverse da quelle dei loro padri. Si era in pieno boom economico con una diffusa immigrazione dal Sud verso il Nord. I valori tradizionali e perbenisti puzzavano di stantio. 

La sentenza

La sentenza del processo fu pronunciata il 14 luglio 1968: Braibanti fu condannato a nove anni di reclusione, poi diminuiti a quattro, benché Giovanni Sanfratello fosse maggiorenne.

Dopo i fatti che stiamo narrando scoppiò il ’68, i moti giovanili che chiedevano più diritti e libertà. Alcuni intellettuali percepivano il cambiamento e reclamavano la libertà di poter scegliere come vivere. Braibanti si era formato in una famiglia rispettosa della sua individualità e della sua omosessualità, ma il mondo intorno a lui non era così.

Com’era il mondo, allora? Provo a spiegarvelo con un esempio: avevo un’amica che si era fidanzata con un ragazzo. Conoscevo la famiglia del fidanzato e incautamente accennai che il ragazzo aveva fatto una gita con un suo professore durante un’estate. Non lo avessi mai detto: scoppiò il finimondo. I familiari del ragazzo e della fidanzata mi chiesero di ritrattare quello che avevo detto, in quanto, secondo loro, avevo insinuato che avesse avuto trascorsi omosessuali.

Bisognava misurare le parole. Qualsiasi frase poteva suonare come un’insinuazione. Dovevo stare più attenta! In seguito mi sono chiesta se ci fosse stata della malignità in me, se in realtà lo avessi fatto apposta, ma non ci ho mai cavato un ragno dal buco.

“Il signore delle formiche” non ha vinto il Leone d’oro

Anche se alla fine Il signore delle formiche non ha vinto il Leone d’oro, si tratta di un valido esempio di cinema sociale che indaga un fatto specifico per tentare di ricostruire un periodo storico. 

Nel film viene rappresentato un giornalista del quotidiano comunista l’Unità interpretato da Elio Germano. Il giornalista, che nel film si chiama Ennio Scribani, difende a spada tratta Braibanti tanto che verrà licenziato dal suo direttore. 
Questo è un falso storico. Il giornalista dell’Unità che seguiva il caso Braibanti si chiamava Paolo Gambescia e non fu licenziato, ma continuò a lavorare per molti anni dopo il caso Braibanti.
Del resto il direttore dell’Unità Maurizio Ferrara, un ex partigiano padre di Giuliano Ferrara, difese a spada tratta Aldo Braibanti pubblicando anche un editoriale di fuoco il 13 luglio 1968, il giorno prima della sentenza.
Forse Amelio con questo falso storico avrà voluto denunciare un diffuso disinteresse della sinistra nei confronti dei diritti civili.

In un documento del 1950, il segretario comunista Palmiro Togliatti (sotto lo pseudonimo di Roderigo di Castiglia) insulta André Gide, noto intellettuale francese, per non aver riconosciuto la “grandezza proletaria” di Stalin: “André Gide è un degenerato in senso proprio e vien voglia di invitarlo ad occuparsi di pederastia dov’è specialista, anziché di politica e di comunismo”.

Il mensile dei giovani comunisti Gioventù Nuova (1950-1952), diretto da Enrico Berlinguer, se la prende con lo scrittore e filosofo Jean-Paul Sartre: “Un degenerato lacchè dell’imperialismo, che si compiace della pederastia e dell’onanismo”.

Ecco la testimonianza di Nicky Vendola, l’ex presidente della regione Puglia a capo di una coalizione di sinistra: “È stato forse più facile dire la mia omosessualità ai preti che al partito”.

Io ho trovato Il signore delle formiche un film tenero, delicato, che ci riporta a un’epoca sicuramente dolorosa per gli omosessuali. E angosciante per chi come noi ha partecipato in qualche modo, forse inconsapevolmente, al loro supplizio.  

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