Numero 3589 del 4 settembre

–   Copertine di Andrea Freccero, ispirate alla prima storia del numero nella quale, a seconda delle scelte operate dal lettore, Paperino si arrabbierà o si rilasserà. Per questo motivo il numero è stato stampato in due versioni: con una copertina azzurra (che mostra Paperino contento) e con una rossa (con Paperino arrabbiato). La prima versione sembra quella diffusa col maggior numero di copie, essendo scontato che quasi tutti preferiscano un Paperino dall’aria felice e serena: ciò non toglie che entrambe le versioni siano particolarmente ben riuscite, anche se la seconda, molto dinamica e che un po’ ricorda i vecchi cartoon del personaggio, sembra quella migliore.

 


–   Il dilemma a bivi
, di Marco Bosco e Paolo De Lorenzi: storia a bivi incentrata sui dilemmi di Paperino, che deve scegliere chi accontentare: lo zio Paperone che vuole farlo lavorare (peraltro senza farlo faticare troppo), o Paperina che vuole portarlo ad una mostra d’arte molto noiosa, dove espone il fidanzato di una sua amica? Entrambe le scelte potranno condurlo, in base a quelle successive, al disastro o alla soddisfazione.

–   La gelosia canaglia, di Giovanni Eccher e Giorgio Cavazzano: con questa storia fa il suo esordio sulla rivista il noto autore bonelliano Giovanni Eccher, che inizia affrontando un tema insolito per una storia disneyana: la solidità del rapporto fra Gambadilegno e Trudy e i momenti di gelosia che anche loro – non solo Minni e Topolino! – possono provare, con conseguenze imprevedibili legate al loro “lavoro”. La trama ruota intorno ad un nuovo personaggio, un complice di Gambadilegno chiamato Ganimede (nomen omen), che sembra più interessato alle avventure galanti che ai colpi progettati dalla banda. In un succedersi di colpi di scena e di equivoci che rimandano alla famosissima storia in cui il “bel Gagà” diventa rivale in amore di Topolino, emerge un lato di Gambadilegno (e della stessa Trudy) che non conoscevamo e che lo porta a commettere errori ed imprudenze di ogni tipo, sino al punto di sabotare (inutilmente) le sue stesse attività criminali. Per una volta Topolino ha un ruolo secondario, di certo meno interessante di quello assegnato all’ambiguo Ganimede, personaggio che molti sperano di rivedere presto. Pur non eccezionale, la storia di esordio di Eccher è certamente da promuovere, tanto più che permette al lettore di rivedere un Cavazzano in piena forma, come non accadeva da tempo: come spesso accade la bontà della trama esalta chi la disegna e lo spinge a dare il meglio. Da notare anche la presenza di Sgrinfia, personaggio un tempo confinato nelle storie di produzione americana e che negli ultimi tempi si sta ritagliando uno spazio anche in quelle italiane, dando vivacità alle dinamiche di una banda quasi sempre limitata al solo Gambadilegno (e occasionalmente a Trudy).

 

Dopo tante storie dal tratto un po’ incerte si rivede il miglior Cavazzano

 

–   La persecuzione del papero d’oro, di Niccolò Testi e Lucio Leoni: Rockerduck è sempre più ossessionato da Paperone al punto di avere sviluppato una balbuzie causata da “logorio da copricapo indigesto”. Gli viene prescritta una vacanza che lo aiuti a “staccare”, ma le attività di Paperone sono onnipresenti e la sua presenza, anche se solo indiretta, continua ad ossessionare Rockerduck. Finale consueto, con tanto di bombetta consumata per la disperazione. Anche Niccolò Testi, autore giovane che fa parte del collettivo “Diamond Dogs Comics” esordisce sulla rivista con una storia interessante, dalla trama in apparenza scontata ma nella quale il tormentone della bombetta viene riproposto in chiave surreale, con una serie di raffinate prese in giro (“esecrabile abitudine”) e improvvise esplosioni di comicità che fanno dimenticare qualche ripetizione di troppo e l’assenza di un vero scontro fra i due rivali. Si accoglie con piacere l’arrivo di questo autore, le cui storie, più portate all’umorismo, ben si affiancheranno a quelle dell’altro nuovo venuto, Giovanni Eccher, che sembra invece più incline a scriverne di avventurose: buoni i disegni di Leoni, soprattutto nella resa dei momenti più comici della storia.

 

La bravura di Leoni nel rendere con un tratto semplice ma efficace la comicità e il dinamismo della situazione – i denti di Rockerduck, i depliant che svolazzano, la relativa indifferenza dei passeggeri

 

–   L’appetito vien ascoltando, di Enrico Faccini: brevissima storia che vede Ciccio recarsi ad una “Fiera della ristorazione” sperando di poter mangiare a sbafo un sacco di roba: purtroppo scoprirà all’ultimo istante che la “Fiera” vende solo attrezzature per cucinare, non cibo. Si consolerà tornando alla fattoria e facendosi preparare un enorme panino da Nonna Papera.

–   L’arcano artigiano, di Alessandro Sisti e Luca Usai: Paperone e Amelia sono a Venezia, dove si contendono il talismano di un alchimista in grado di trasformare ogni cosa in oro (in modo più sicuro rispetto alla pietra filosofale). Dopo molti capovolgimenti di fronte Amelia resta a mani vuote e il talismano rimane a Venezia, custodito dagli artigiani che se ne ,servono unicamente per produrre vetri e merletti. Anche Paperone, che temeva un crollo del prezzo dell’oro se Amelia ne avesse creato troppo, si dichiara soddisfatto.

 

Numero 3590 dell’11 settembre

–   Copertina di Giuseppe Facciotto, palesemente ispirata alla storia “calcistica” di questo numero, nella quale Paperino e Paperoga (che non giocano, diversamente da quanto fa pensare la copertina) devono ingaggiare un famoso calciatore. Il disegno è troppo squadrato, con entrambi i paperi che sembrano usciti da una fabbrica di robot piuttosto che dalla matita di un artista disneyano, ma la trovata della porta che viene murata è ben riuscita, e si fa apprezzare anche da quei lettori che non amano troppo le storie “calcistiche” (ultimamente diventate anche troppo frequenti).

 


–   Fashion Academy: la classe,
di Sergio Badino e Giulia Lomurno: nuova storia della serie “Minni Prêt-à-porter”, sceneggiata non più da Valentina Camerini, ormai diventata una scrittrice “vera” (scrive libri per ragazzi), ma da Sergio Badino, offre al lettore una trama ben più complessa rispetto a quelle create dall’autrice milanese, con tanto di intrighi dietro le quinte e di personaggi nuovi che spuntano da ogni parte. Il numero presenta le prime due puntate delle sei complessive, e inizia con una offerta di lavoro ricevuta dalla titolare della “Purple Boutique”, Betty, e dalle sue amiche e collaboratrici Minni e Priscilla, per insegnare moda alla “Fashion Academy” e formare “i nuovi stilisti di domani”. Fin da subito è chiaro che i due titolari di questa “Academy”, l’ambiguo Rob e la svampita Sari, nascondono qualcosa; inoltre la vicenda si complica rapidamente, tra le rivalità che sorgono fra gli studenti e il coinvolgimento di Dolly, una famosa diva del cinema alla ricerca di nuovi abiti. Considerando la semplicità delle storie della Camerini, il passaggio ad una trama di notevole complessità appesantisce non poco vicende in origine abbastanza leggere; né il cambio di disegnatore, dal bravissimo e concreto Marco Mazzarello alla brava ma “eterea” Lomurno, è di qualche aiuto al lettore. I personaggi della giovane disegnatrice milanese sono troppo caricati e palesemente ispirati ai manga (con tanto di occhioni e di ciuffi) al punto di sembrare spesso degli intrusi, senza neanche saper rendere con efficacia le molte sfaccettature che li contraddistinguono. Nessuno dei due autori, con ogni evidenza, è ancora all’altezza di una storia di questa lunghezza e complessità, e la domanda si pone spontanea: avranno fatto il passo più lungo della gamba?

 

La Lomurno carica troppo il suo personaggio e non riesce a renderne al meglio la difficile espressione tra lo svanito e il sornione


–   L’inafferrabile Pallonar
, di Roberto Gagnor e Alessandro Perina: Paperino e Paperoga devono rintracciare e ingaggiare, per conto dello zio, il fuoriclasse Paperund Pallonar, ma per errore si ritrovano con lo sconosciuto Tyler Gurgleton al suo posto (Pallonar gli verrà soffiato da Rockerduck). Alla fine si scoprirà che il grande fuoriclasse non era poi tale, e che lo sconosciuto Gurgleton è un grande campione sino ad allora sottovalutato.

Le voci dello spazio, di Giovanni De Feo e Paolo De Lorenzi: Paperone incarica Archimede di inventare un “catturatore ultra audio kinetico”, cioè un dispositivo che possa catturare dallo spazio remoto le voci del passato, così da poter ascoltare le parole celebri dei grandi di un tempo o semplicemente permettere a chi lo desideri di ritrovare vecchi ricordi. L’invenzione funziona, ma una volta scoperto che le frasi così ritrovate non sono all’altezza di ciò che ognuno pensava o ricordava, sarà lo stesso Paperone, timoroso di rovinare i propri ricordi di Doretta, a mettere la parola fine all’esperimento.

–   Paperino diventa the mighty Thor, di Riccardo Secchi e Lorenzo Pastrovicchio: arriva sulla rivista il terzo crossover fra la Disney e la Marvel e stavolta Paperino, che in quello precedente aveva impersonato Wolverine, si ritrova nei panni di Thor, in una storia che si propone come una chiara parodia della prima apparizione del personaggio di Stan Lee e Jack Kirby: in gita coi nipotini Paperino si imbatte in un gruppo di invasori alieni e, dopo aver trovato in una caverna il famoso bastone/Mjolnir che lo trasforma nel supereroe, riesce a sconfiggerli. Come gli altri crossover questa storia è breve, troppo breve per diventare memorabile; ma almeno, grazie alla sceneggiatura di Secchi – che in passato ha scritto alcuni numeri di PK, e si vede – e ai disegni di Pastrovicchio, ormai diventato uno dei migliori disegnatori disneyani, l’obiettivo è centrato, e non si ha più l’impressione di leggere una storia sostanzialmente vuota, che ne imita un’altra e che usa personaggi completamente fuori parte. Stavolta Paperino rimane Paperino (al più diventa simile a PK), i nipotini, pur quasi sempre assenti, sono sempre loro, e nessun altro personaggio è presente e può venire stravolto. Certo PK era un’altra cosa e non saranno questi crossover a rendere interessanti i numeri in cui compaiono, ma almeno stavolta la storia riesce a fare una buona sintesi, con una trama azzeccata, dei due universi fumettistici che vuole raccordare. Notevole anche la copertina “rovesciata” del disegnatore della Marvel Walter Simonson che, come la storia stessa, riesce a rappresentare contemporaneamente, e in modo efficace, il mondo Marvel e quello Disney.

 

Un ottimo Pastrovicchio sa rendere brillantemente i poteri di Paperino/Thor

 

La bella retrocopertina di Walter Simonson


Numero 3591 del 18 settembre

–   Copertina di Francesco D’Ippolito, che richiama il famoso cartoon del 1937, “Lonesome Ghosts” e le molte storie che vi si sono ispirate, inclusa ovviamente quella di questo numero. Molto bravo D’Ippolito a raffigurare i tre personaggi con espressioni diverse, tutte riprese dal cartoon: Topolino ardimentoso, Pippo perplesso, Paperino spaventato. Alle loro spalle un quadro minaccioso di cui nessuno sembra accorgersi. Ottima anche la colorazione: nell’insieme, non un capolavoro ma indubbiamente una delle migliori copertine dell’anno.

 


–   Il ritorno degli acchiappafantasmi
, di Luca Barbieri e Roberto Vian: il fantasma di un noto scrittore telefona a Pippo (unico che, grazie alla sua particolare personalità, può ricevere la chiamata) e riesce a far tornare in attività i tre “acchiappafantasmi” del famoso cartoon: Topolino, Pippo e Paperino, che dovranno trovare il suo ultimo manoscritto, sottrarlo alla cupidigia degli eredi e trovare il tempo, nel corso dell’indagine, di recuperare brevemente il loro vecchio aspetto, per la gioia dei lettori nostalgici.

 

Vian ci mostra i tre protagonisti con l’aspetto che avevano nel 1937


–   Lo spazzolone
, di Marco Bosco e Andrea Maccarini: interessante innesto nella continuity di Don Rosa operata da un autore bravo ma forse troppo prolifico (ha centinaia di storie al suo attivo) e per questo non sempre così “centrato”. L’idea di fondo è quella di mostrare come il giovane Paperone, di ritorno nella natia Scozia tra un viaggio e l’altro, fosse già un affarista abile e in grado di superare la concorrenza altrui, la sfortuna e persino la legge che ostacola i suoi commerci. La storia vede una breve apparizione dei suoi genitori, ma non delle sorelle, e si immagina narrata a Gastone dal Paperone odierno, in un momento di nostalgia di quest’ultimo (l’idea è quella di far vedere che anche lui, per una volta, si era affidato alla buona sorte). Bene integrata nella nota continuity, a differenza di altre ideate da autori più famosi, la storia si legge con piacere e curiosità, anche se i disegni del redivivo Maccarini (tornato di recente a disegnare per la rivista dopo 20 anni di assenza) e la colorazione smorta delle vicende passate non la valorizzano come avrebbe meritato.

–   Fashion Academy: la scelta, di Sergio Badino e Giulia Lomurno: continua la complessa (anche troppo) storia in sei puntate ideata dall’autore genovese e della quale vengono presentate in questo numero la terza e la quarta parte. Che dire? La vicenda, già difficile da seguire nelle fasi iniziali, si complica ulteriormente, con l’arrivo di nuovi personaggi del mondo del cinema che vanno in rotta di collisione con le tre eroine e la loro scuola, e con gli intrighi in sottofondo che diventano sempre più minacciosi (ma non per questo meno oscuri). Addirittura si assiste, cosa decisamente insolita per gli standard disneyani, al nascere di una relazione sentimentale fra Betty, la titolare della Purple Boutique, e il suo cliente, il viscido Rob, le cui (cattive) intenzioni sono evidenti ai lettori ma non all’amica di Minni, che commette quello che sembra un grave errore: farlo diventare suo socio, addirittura di maggioranza! Più la trama si complica più diventa difficile seguirne gli sviluppi: la Lomurno, che si mostra brava nel rendere stati d’animo complessi e non sempre facili da decifrare, fatica a trovare quelle inquadrature, quegli stacchi in grado di trasformare una storia non banale in una che si faccia ricordare, se non un capolavoro. Non è questo il caso; ma almeno si può dire che si attende con una certa curiosità la conclusione di questa piccola avventura, decisamente troppo lunga ma per ora mai noiosa.

 

La Lomurno si mostra efficace nel raffigurare uno dei grandi tabù della Disney: una relazione sentimentale tra i personaggi

 

–   I doni degli Dei, di Luca Barbieri e Nico Picone: nuova storia della serie “La nuova mitologia papera” – seconda, in questo numero, scritta dall’autore genovese – che racconta la leggenda intorno alla nascita di Atene, con la contesa tra Poseidone e Atena per poterle dare il nome. La contesa, come noto, fu vinta da Atena, ed è riproposta fedelmente in questa storia, con Paperone che inizialmente preferisce il dono di Poseidone, i cavalli, ma infine sceglie quello di Atena, l’olio, convinto di poter guadagnare di più dal suo commercio.

 

Numero 3592 del 25 settembre

–   Copertina di Corrado Mastantuono, ispirata alla prima storia del numero, un horror della serie di Lord Hatequack. Paperino e i nipotini vi compaiono inseguiti da una minacciosa armatura in una tipica notte non buia e non tempestosa, con alcuni pipistrelli che svolazzano loro intorno. Mastantuono, di solito molto bravo, esagera nell’esprimere lo spavento dei protagonisti, i cui becchi si spalancano nello sforzo di mostrare la paura sino a perdere ogni parvenza di realismo: la scena che ne risulta è più ridicola che terrorizzante. Insomma, uno scivolone che non promette bene. E infatti…

 


–   La leggenda del castello nero
, di Giulio Gualtieri e Giorgio Cavazzano: nuova storia della serie “Lord Hatequack presenta”, e che come tutte quelle precedenti ha una trama surreale con risvolti horror: stavolta i protagonisti sono Paperino e i nipotini, che nella solita notte buia e tempestosa si imbattono in un castello nero abitato dal fantasma (in armatura) di un duca malvagio. Sia Paperino (che racconta la sua disavventura in un flashback) che i nipotini rischiano di fare una brutta fine e si salvano solo dandosi alla fuga. Il finale della storia sembra incompiuto.

–   Scalpellino a Cuma, di Marco Bosco e Blasco Pisapia: ritorna l’archivio storico di Torremare, con le sue storie che fanno scoprire al lettore qualche angolo della Campania. Stavolta viene narrata una vicenda avvenuta “13 secoli prima” e che vede gli alter ego di Paperino e Paperina combinare una serie di pasticci nel tentativo di scrivere, e poi di correggere, un contratto per il loro ricco zio. Alla fine i loro errori manderanno a monte l’affare dell’alter ego di Paperone, ma gli permetteranno di scoprire le sorgenti termali di Cuma e, come sempre, di arricchirsi ulteriormente.

–   La luce della scienza, di Matteo Venerus e Lucio Leoni: ritorna Newton Pitagorico, che decide di aiutare una vicina dello zio a cambiare una lampadina fulminata. Come sempre gli succede in questi casi, Newton decide di apportare dei “miglioramenti”, iniziando col rendere la nuova lampadina sensibile ai pensieri della vicina, e finendo per creare un mini-nucleo stellare da salotto che ben presto comincia a espandersi mettendo a rischio l’intero sistema solare. Le onde cerebrali di un cane sonnolento porranno fine all’esperimento prima che sia troppo tardi.

–   La recita movimentata, di Tormod Lokling e Arild Midthun: storia di produzione scandinava che vede Paperino e i nipotini competere in una recita scolastica, col primo che cerca di ritagliarsi una parte molto maggiore di quella che gli è stata assegnata (un troll), e i secondi che lo ostacolano in ogni modo nel timore che i suoi eccessi finiscano per rovinare lo spettacolo. Alla fine la recita avrà comunque successo, ma Paperino, incornato da un caprone, non sarà molto contento del risultato.

–   Fashion Academy: Il bivio, di Sergio Badino e Giulia Lomurno: si conclude con le ultime due puntate (delle sei complessive) la complessa avventura vissuta da Minni e dalla sua amica Betty, titolare della Purple Boutique, nel mondo della moda, pieno di opportunità ma anche di agguati. I nodi vengono al pettine, e che nodi: viene svelato un intrigo degno di Macchia Nera, con i perfidi Rob e Sari che, ormai sull’orlo del fallimento e senza più clienti, hanno “ammaliato” le titolari della Purple Boutique a forza di lusinghe e inganni, allo scopo di impadronirsi della loro azienda, giovane, dinamica e sul punto di affermarsi, e poi trasformarla in una boutique per ricconi disposti a spendere cifre folli per i loro abiti. Che intrigo! Naturalmente le titolari, Betty, Minni e Priscilla, non sono d’accordo: la loro è una boutique “proletaria” che realizza abiti bellissimi ma economici! Ma come fare dopo che Betty, invaghitasi di Rob, gli ha ceduto la maggioranza delle azioni più una senza battere ciglio? È presto detto: Betty, meno svampita di quanto sembrasse, ha ceduto il 20% delle quote alle sue amiche prima di darne “la metà” (quindi il solo 40%) a Rob. Costui, resosi conto di essere stato ingannato, va su tutte le furie ma, di fronte alla minaccia di veder realizzata a suo nome una collezione di abiti in “taffetanza di broccaraso” (tessuto che odia), inizia a piangere e scappa con la coda tra le gambe. Tutto è bene quel che finisce bene, tranne le aspettative dei lettori che non solo già avevano intuito il finale, ma sino all’ultimo avevano sperato che almeno la soluzione fosse meno macchinosa, più credibile e degna di un vero criminale, non di un buffone piagnucolante. La stessa Lomurno, che forse a mano a mano che il finale si avvicina si rende conto dei problemi della trama, disegna con sempre meno voglia e minore attenzione, finendo per rendere caricaturali i personaggi, sbagliandone le espressioni e persino ignorandone le proporzioni: si finisce per rimpiangere il tratto semplice ma efficace della prima parte della storia (anche se “infantile”, secondo alcuni lettori). Si conferma che, purtroppo, in questo caso il classico passo è stato più lungo della classica gamba: come si era accennato sin dall’inizio di questa storia, il passaggio da trame semplici a intrighi complessi deve avvenire in modo graduale. Le stesse cose si potevano narrare in metà delle pagine, evitando le trame secondarie (gli studenti che a loro volta complottano gli uni contro gli altri), i cattivi stereotipati e i continui accenni a chissà quale intrigo, accenni che finiscono per alzare troppo le aspettative del lettore. Ci sarà una prossima volta o la serie di “Minni Prêt-à-porter” finirà con questo numero? Non si sa proprio cosa augurarsi.

 

La Lomurno, probabilmente delusa dal finale della storia, raffigura una Minni che giganteggia sulle amiche, mentre il cattivo piange fontane congelate invece di calde lacrime

 

 

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