Ho già scritto sulla situazione delle Fiere del Fumetto in Italia.

Una ulteriore riflessione sull’argomento l’ho fatta in occasione di Modena Nerd, uno degli eventi che, pur ospitando anche i fumetti, come da me auspicato hanno deciso di non nominarli nel logo della manifestazione. Giustamente, perché quella fiera si rivolge a un pubblico generalista principalmente interessato ad altre forme di intrattenimento e collezionismo che non sono quella delle Nuvole Parlanti. E dunque giochi, da tavolo e da video, pupazzi di vario genere, magliette, katane e incontri con youtuber e personaggi dello spettacolo.

Quando vedi la maggioranza dei visitatori passare davanti agli stand di libri a fumetti e non soffermarsi per curiosare, e nemmeno girare lo sguardo in quella direzione, capisci che per loro quel genere merceologico semplicemente non esiste, non viene registrato dai loro radar.

Mi sono perciò domandato se non sia “ora di migrare”, abbandonando quei luoghi dove l’autunno sta già facendo ingiallire le foglie (pardon: i fogli) e annuncia un inverno davvero rigido per il settore. Per andare dove? La risposta è semplice: dove c’è gente interessata alla lettura, e dunque alle fiere del Libro.

Tutto sommato, mi sembra l’uovo di Colombo.

Il fumetto, nel periodo dei suoi grandi successi, era un prodotto da edicola, considerato “roba da ragazzi” e snobbato – se non disprezzato – da lettori, editori e critici delle pubblicazioni da libreria. Poi le cose sono cambiate: da un lato la concorrenza di altre e più accattivanti forme di intrattenimento portate dalle innovazioni tecnologiche ha allontanato dalla lettura dei fumetti molte persone; dall’altro la “mutazione genetica” dell’immaginario dei ragazzi che, dagli anni ottanta, ha ricevuto l’imprinting dominante di anime e manga ha eliminato il ricambio generazionale che aveva fin lì permesso ai “giornalini” di andare avanti.
Grazie alla trovata del marketing di definire il fumetto (o almeno alcuni fumetti) graphic novel, a un certo punto per il nostro amato linguaggio si sono finalmente spalancate le porte delle librerie che, prima per i successi di “fenomeni” della Rete come Zerocalcare e Sio e poi per quello dei tankobon, oggi non possono più prescindere da una corposa presenza del medium sui loro scaffali. Naturalmente, come ho già spiegato, non si tratta di una nuova età dell’oro, ma solo di una “riserva indiana” dove sta trovando riparo quel che resta della Nona Arte nelle sue varie declinazioni.

Stando così le cose, forse è ora che gli operatori del settore ne prendano atto anche per quello che riguarda le fiere, abbandonando quelle che del fumetto ospitano ormai solo il nome in cartellone, e spostarsi in quelle di libri dove il pubblico è già selezionato in partenza: persone che leggono.

Per quella che è la mia esperienza, sia nelle più grandi come il Salone del Libro di Torino dove i più pronti si sono già infilati – e con soddisfazione – a quelle minori, ho riscontrato che, anche chi non legge abitualmente fumetti, in quei contesti si avvicina comunque incuriosito, sfoglia e spesso compra.

 

fiere del fumetto

 


Dunque, fatte salve poche manifestazioni davvero specializzate come Lucca Collezionando e la Lucca maggiore per chi potrà continuare a sostenere i sempre lievitanti costi, credo sia giunta l’ora di lasciare eventi che prospettano solo una stagione sempre più fredda a chi opera nel nostro settore e migrare verso manifestazioni dove l’Arte Sequenziale può trovare un’accoglienza più calda.

Magari capiterà di incontrare anche lì Cristina D’Avena e Rocco Siffredi, ma sarà perché presentano un loro libro.

 

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