Ogni mercoledì, nell’intervallo di mezzogiorno, vado a farmi lavare e sistemare i capelli. La mia parrucchiera, dopo un po’ che ha cominciato, dice, a mezza voce: “Alexa, musica!”, e piano piano comincia, in sottofondo, un tappetto di suoni che ci avvolge. Io non distinguo le canzoni perché, nonostante le protesi, sono piuttosto sorda.

Adoro quel fiume di musica che ci circonda. “Alexa, alza  il volume di due tacche…” . Adesso sento anche io.

Sì, viaggiare…

 


Era il 1980. Maggio. Insegnavo italiano e storia ai ragionieri, in un istituto tecnico, a Carmagnola che è una cittadina a pochi chilometri da Torino. Avevamo organizzato una gita scolastica in Puglia. Avremmo dovuto alloggiare nell’ostello della gioventù a Brindisi e lo avevamo riservato tutto per noi. La ditta di trasporti ci aveva fornito un pullman nuovo e un autista giovane, di pochi anni più vecchio degli studenti. Era gentile, calmo, tranquillo e molto collaborativo. La classe era una quarta ragioneria. Gli studenti avevano 17/18 anni. Non appena siamo partiti qualcuno ha inserito  una musicassetta che credo fosse una compilation creata da qualche studente. L’impianto di riproduzione del bus era ottimo. La musica era pulita, si riversava in ondate come se Battisti fosse lì, in mezzo a noi a suonare la sua chitarra: “Sì viaggiare, dolcemente senza accelerare…“. Il pezzo, del 1977, era relativamente n
uovo. Non ci stancavamo di ascoltarlo. Ancora oggi, se ascolto quella canzone mi ritrovo su quel pullman in viaggio verso la Puglia.

 

La musicassetta o audiocassetta

Le musicassette o audiocassette erano molto diffuse all’epoca. Erano state progettate nel 1962 dall’ingegnere olandese Lou Ottens e il relativo brevetto era stato registrato nel 1963 dalla Philips come Compact Cassette. il prodotto venne messo sul mercato nello stesso 1963. In origine era costituito da una certa quantità di nastro magnetico della Basf racchiuso in un involucro protettivo in materiale plastico. La produzione di massa cominciò nel 1965 ad Hannover, in Germania, e le case discografiche cominciarono a stampare i propri album anche su musicassetta (oltre che su disco in vinile), dando inizio alla vendita di nastri preregistrati. La diffusione dell’audiocassetta fu enorme, per diversi fattori: maneggevolezza (può registrare in poco spazio una quantità considerevole di materiale), versatilità (può essere usata per registrare e riprodurre musica ma anche contenuti di altro tipo, come interviste, dettature, conferenze e messaggi vocali), facilità d’utilizzo (sia per la riproduzione che per la registrazione), economicità e facilità di duplicazione.

A partire dagli anni ’70 divenne il supporto preferito per la registrazione di brani musicali e per l’ascolto di musica nelle automobili e, appunto, nei pullman. Per molti anni, musicassetta e disco in vinile erano stati gli unici supporti con diffusione capillare. Un’ulteriore spinta alla diffusione della musicassetta venne dal walkman, un dispositivo messo in commercio nel 1979 dalla multinazionale giapponese Sony che consentiva l’ascolto di musica in audiocassetta ovunque tramite cuffie. Arrivò in Italia il 2 agosto 1981, quindi durante quella gita in Puglia nessun studente lo aveva né lo avevamo noi professori.

 

La radio privata

Quando siamo entrati in Puglia i ragazzi mi hanno detto: “C’è una radio privata, l’abbiamo sentita all’autoradio. Per favore, di’ all’autista di fermarsi. Noi andiamo alla radio e parleremo. Ci potrete sentire alla radio del pullman”. E così è stato. L’autista ha cercato dove fosse la radio privata, ha parcheggiato e ci ha aspettati. Mentre alcuni studenti andavano a far colazione, altri si recavano nella sede della radio privata. Ed ecco dalla radio del pullman sentimmo parlare lo speaker della radio privata: “Ragazzi, stamattina abbiamo una bella sorpresa. Sono venuti a trovarci dei ragazzi di Torino che vengono a visitare la Puglia…”, seguirono le voci degli studenti che scherzavano e ridevano.

 

La radio

In Italia le trasmissioni radio, come in Inghilterra, erano monopolio pubblico, mentre negli Stati Uniti erano in mano ai privati che si finanziavano con la pubblicità. Proprio nel 1976 una legge della Corte Costituzionale aveva riaffermato la legittimità di trasmissione delle radio private purché a diffusione locale. Le “radio libere” non avevano cominciato a trasmettere nel 1976 quando era stata promulgata la legge, ma prima.

 

Radio Montecarlo 

Seguivo Radio Montecarlo che ascolto ancora adesso, Adoro quando l’annunciatrice dice, con voce flautata, arrotando la erre alla francese: “Radio Montecarlo, musica di gran classe”.

Radio Montecarlo aveva cominciato a trasmettere nel 1966 senza le più o meno velate censure della Rai che colpivano anche la programmazione musicale. I ripetitori in modulazione di ampiezza si trovavano nel Principato di Monaco, che è uno stato estero e quindi nessuna legge italiana veniva violata. I disc jockey di Radio Montecarlo adottarono uno stile colloquiale, più adatto al dialogo con il pubblico, che era diventato di moda tra i giovani dal 1965 con l’inizio della trasmissione radiofonica Bandiera Gialla. Noi pensavamo che fosse uno stile “americano” come quello che poi avremmo ascoltato nel 1973 nel film American Graffiti ambientato nel 1962. Il disc jockey di American Graffiti era Lupo Solitario.


Radio, vecchio amore

Quando ero bambina (tra il 1945 e il 1955) a casa di mia nonna, dove abitavo, avevamo una radio di legno e corda (come quella della foto di copertina di questo articolo) che sembrava un comò, molto bella. Mi pare non funzionasse particolarmente bene perché gracchiava un po’. Non so se fosse colpa delle trasmissioni o del nostro apparecchio o di tutte e due. Io, da piccola, non ci passavo tanto tempo perché preferivo ascoltare le favole che raccontava mia zia nella stalla. L’unica trasmissione che adoravo e ho ascoltato per anni è stata “Ballate con noi“.

 

Ballate con noi


Sentite la sigla sopra. Se ve la ricordate non siete più tanto giovani. La trasmissione iniziò nel 1951 e andò avanti molti anni. La sigla era Delicado, di un musicista brasiliano che si chiamava Waldir Asevedo e suonava una piccola chitarra, il cavaquinho. “Ballate con noi” Iniziava alle 17. Quando sentivamo il suono del cavaquinho correvamo intorno alla radio, spostavamo le sedie, sgombravamo il campo e iniziavamo a ballare. Io mi agitavo perché le musiche trasmesse erano così coinvolgenti che i piedi si muovevano da soli. Forse la mia propensione ad ascoltare musica in compagnia nasce proprio dall’ascolto di “Ballate con noi” con le mie giovani zie. Qui potete trovare un esempio di programmazione di “Ballate con noi”. C’erano le grandi orchestre americane, pezzi brasiliani, “Mambo italiano”.

 

Jukebox o Juke-box

 

Quello sopra è un mitico jukebox, una macchina musicale che univa un giradischi a un meccanismo interno di selezione dei dischi con una cassaforte in cui finivano le monete. Nel 1889 Louis Glass e William S. Arnold inventarono un’apparecchiatura fonografo alimentata da monetine, la prima appartenente alla Edison Class M Electric Phonograph e brevettata (1890) con il nome di Coin Actuated Attachment for Phonograph. Il primo vero fonografo a moneta fu presentato nel 1927 dalla Ami, una fabbrica che già si era distinta nella produzione di pianoforti automatici. Nonostante questa casa anticipasse tutte le altre di almeno tre anni, non riuscì mai ad avere la leadership nel mercato americano, ma fu la maggiore costruttrice di jukebox in Europa.
Il jukebox arrivò in Italia negli anni ’60 ed ebbe subito un enorme successo soprattutto sulla costiera romagnola. In tutti i luoghi di villeggiatura, in quegli anni, i bar e gli stabilimenti in riva al mare avevano un jukebox dove i ragazzi si intrattenevano a ballare e ascoltare  musica. Ascoltare un disco costava 50 lire mentre ascoltare tre dischi costava 100 lire, che non era poco per un giovane all’epoca. Però si stava in compagnia e si potevano raccogliere i soldi con una colletta. La musica veniva sparata ad alto volume e andava bene così. Anche dopo, quando subentrarono le radio e le musicassette, gli altoparlanti degli stabilimenti balneari sparavano musica a tutto volume e nessuno ci trovava da ridire. La sensibilità era veramente diversa.

 

I dischi


Il jukebox era alimentato da dischi. Quando arrivò in Italia negli anni ’60 i dischi erano già in vinile. 

Emile Berliner concepì il disco con solchi a piastra circolare nel 1887. Nel 1894 iniziò a produrre dischi a 78 giri sotto l’etichetta Berliner Gramophon, entrando in concorrenza con i cilindri fabbricati da Edison, e fissò la velocità di rotazione a circa 70 giri al minuto. Alla fine del XIX secolo e nei primi anni del XX secolo la velocità variava a seconda della casa discografica. Fra il 1915 e il 1918, per esempio, la Edison realizzò dischi a 80
giri, imitata poi da altre etichette come la Columbia. Solo nel 1925 la velocità fu ufficialmente standardizzata a 78 giri al minuto (esattamente a 78,26).

I primi dischi a 78 giri erano incisi con strumenti meccanici e su una sola facciata. La tecnica di incisione consisteva in un convogliatore a cono che concentrava i suoni su una sottile membrana le cui vibrazioni, tramite uno stilo, incidevano lo strato ceroso depositato sul disco matrice, mentre questo ruotava e contemporaneamente traslava longitudinalmente per creare la spirale. In seguito nelle sale di incisione si diffusero i microfoni elettrici, ma sempre corroborati da strumentazioni meccaniche. Solo dopo il 1925 le incisioni dei 78 giri vennero eseguite con apparecchiature elettriche, che davano una qualità sonora migliore.

 

Il giradischi e il disco in vinile

Nel 1963 avevo appena compiuto 18 anni e venni assunta dall’Enel come assistente ai figli dei dipendenti Enel nella colonia di Riccione. Mi trovai molto bene e anche negli anni successivi, in estate, andavo a fare l’assistente. La colonia era appena stata costruita dall’architetto De Carlo Giancarlo con grande attenzione ai bambini. C’era un impianto di altoparlanti per diffondere musica, non solo nelle camerate o nel refettorio, ma anche sulla spiaggia dove i bambini si intrattenevano. Negli anni successivi al primo, avevo chiesto, e mi era stato concesso, di fare assistenza notturna per avere delle giornate libere e andare a visitare la zona. Chi faceva servizio di notte, nel pomeriggio doveva sorvegliare il giradischi e curare che l’impianto trasmettesse musica adatta ai bambini. Avevamo un giradischi con una bacchettina al centro con della tacche su cui impilavamo dei dischi a 33 giri. Penso fosse possibile farlo anche con i 45 giri. Quando il disco finiva ne scivolava un altro sul piatto e la musica riprendeva. I 33 giri duravano circa 30 minuti a lato.

 

Rita Pavone


Nel 1963 si era affermata la cantante Rita Pavone ed era uscito il suo primo albo: “Rita Pavone”. L’anno successivo, cioè nel 1964, uscì “Non è facile avere 18 anni” con la canzone “Cuore”. Cuore, versione italiana della hit statunitense scritta da Barry Mann e Cynthia Weil e interpretata da Wayne Newton Heart (I Hear Your Beating, Sento il tuo battito), il 6 luglio 1963 arriva in prima posizione e ci resta per 9 settimane.
Il compito delle assistenti notturne era di sorvegliare il giradischi e di ricaricarlo quando i dischi erano finiti. Il giradischi era uno strumento molto delicato. La puntina si consumava e bisognava sostituirla, ma lo doveva fare un tecnico. I dischi si rigavano facilmente e, se si rigavano o si consumavano, diventavano inservibili. Io imprestavo i dischi e sono stata molto rimproverata per questo da chi se ne intendeva. E aveva ragione: mi ritornavano inservibili. 

Le musicassette erano un passo avanti anche se il sistema di registrazione era sempre analogico, cioè la musica era incisa sul nastro.

 


Il nastro con l’uso si deteriorava, quando non usciva dall’alloggiamento come se vomitasse le budella. Allora si interveniva con una matita cercando di riavvolgerlo.

 

Cd

Il Compact disc (Cd) nasce nel 1979 dalla collaborazione di Philips e Sony e si diffonde nel decennio successivo in tutto il mondo parallelamente ai relativi lettori. Il Cd permise effettivamente di ridurre in maniera notevole il rapporto tra le dimensioni del supporto (ora ridotte a un disco di 12 cm x 1 mm di spessore) e la quantità di dati immagazzinabili (circa 80 min di musica).

Il Cd Audio (acronimo dell’inglese Compact Disc (Digital) Audio, spesso abbreviato Cd AudioAudio CdCd-AudioAudio-CdCd-DaCdda) è un tipo di disco ottico contenente esclusivamente audio digitale, utilizzato come supporto audio. L’incisione analogica rendeva i dischi e i nastri, a ogni ascolto e quindi a ogni passaggio nel giradischi e nel mangianastri, sempre più usurati e consumati.   

I ricercatori cercavano un sistema di lettura che non toccasse fisicamente il supporto in modo da non usurarlo. Ci sono riusciti con il Cd. Eppure praticamente nessuno usa più i Cd. Li vedo che penzolano malinconicamente  dall’angolo del tetto della casa del mio vicino per tenere lontani i piccioni. Io ho delle raccolte di Cd ma, lo confesso, è da tanto tempo che non li ascolto più. Il computer che uso non ha più la porta per introdurre e leggere i Cd.

 

La musica liquida

Per la registrazione di dischi a tecnologia ottica come Cd o Dvd, viene usato un laser per bruciare fori microscopici nello strato colorante del supporto. Un laser più debole viene utilizzato per leggere questi segnali. Funziona perché il substrato metallico del disco è riflettente e il colorante incombusto impedisce la riflessione, mentre i fori nel colorante la consentono, permettendo ai dati digitali di essere letti. Poiché i dati digitali raccolti possono essere immagazzinati su un hard disc, una memoria, una chiavetta, possono essere ascoltati in qualsiasi momento  anche in un luogo lontanissimo dalla località in cui sono fisicamente conservati. 

Inoltre la musica  così detta “liquida” è veramente comodissima. Esistono siti e App come Spotify che trasmettono tutta la musica che si desidera. Per il mio orecchio poco sensibile il suono è nitido e preciso.

 

 

 

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