Nata a Bologna in una “giornata dal tepore primaverile” nel 1958, Serena Grandi (nome d’arte di Serena Faggioli), dopo aver terminato le scuole dell’obbligo si diploma come programmatrice informatica, segue dei corsi di lingua inglese e trova lavoro in un laboratorio di analisi. Ma il suo sogno è quello della recitazione. Decide di trasferirsi a Roma con il miraggio di sfondare a Cinecittà. Inizia così una lunga gavetta fatta di corsi di dizione e di recitazione, di stage con registi americani e di un lungo studio dei vari segreti del mestiere. La produzione di Serena Grandi nel cinema e nella televisione varierà dai film erotici alle commedie sexy, ma non mancheranno ruoli importanti in pellicole drammatiche e impegnate.

La carriera parte dal basso con piccole parti in film dal budget ridotto. Nel 1980 compare nella commedia “La compagna di viaggio” di Ferdinando Baldi, con la protagonista Annamaria Rizzoli e il “barone” Gastone Moschini, Giorgio Bracardi, Raf Lucas, Pino Ferrara, Loris Peota, Marisa Mell, Marina Lothar Frajese, Moana Pozzi e Annie Belle. Questo film chiave del porno e dell’Italian comedy riuniva in un solo set (il treno Palatino Roma-Parigi) le star dell’erotismo nazionale stipate negli scompartimenti a formare coppie in amore, mentre il furto sul treno viene supervisionato dal sedicente barone Gastone Moschin.

Il barone, aiutato dalla Rizzoli, aspirante attrice che vuole lavorare con Fellini, riesce a rubare il carro valori tenendo a bada il responsabile del vagone-letto. Il colpo riesce grazie all’avvenenza della protagonista Anna Maria Rizzoli, ma il malloppo sarà male investito in un film kolossal dalle grosse perdite finanziarie. Tuttavia il gruppetto si rimetterà all’opera (per il “Dizionario” di Piero Farinotti del 2002) e il barone tenterà di rubare un carico di valuta in un traghetto (lo sciopero dei marittimi manderà tutto all’aria) e un carico di brillanti, imbarcati in un aereo in volo per l’Olanda. Paolo Mereghetti giudica il film come uno sketch assai noioso “da pochade stantia e topless di attrici non ancora famose”. Il vagone-letto è veramente “il più immobile della storia del cinema”, nonostante le mammelle nude di Serena Grandi.

Nel famoso slasher movie cannibalico “Antropophagus” di Joe D’Amato, alias Aristide Massacesi, la giovanissima Serena Grandi (usando lo pseudonimo di Vanessa Steiger) con Tisa Farrow, Saverio Vallone e Zora Kerova, fa la parte della sfortunata Meggy, incinta, uccisa e sventrata dall’orrido Klaus Wortmann (il bravo George Eastman ovvero Luigi Montefiori), durante lo sterminio di una comitiva di turisti incauti in un’isoletta del mar Egeo. Il dramma è preannunciato dalla lettura dei tarocchi a Meggy fatta da Carol (Zora Kerova).

Qui la Grandi rende molto bene la paura con un’espressione di terrore. Come scrive Gordiano Lupi nel suo saggio su Joe D’Amato (2004): “La donna è terrorizzata dal responso: le carte non hanno dato risposta e quando le carte non parlano vuol dire che non c’è futuro” per il figlio che Meggy porta in seno. Scendendo dalla barca, Meggy si ferisce accidentalmente e, quando il pilota la cura, costui viene catturato dal mostro e tirato in mare per essere ucciso. Anche Meggy verrà assalita e presa “da due robuste mani e trascinata via”. Secondo Lupi, l’effetto gore della morte di Meggy nella grotta (“una delle scene più orribili di tutto il film”) è ben realizzato, tanto che la tv inglese non passò la scena “accusandola di snuff-movie”. Questa scena è entrata così negli annali del cinema trash. Giuseppe Salza ha parlato di hopus viscerale e “Delirium” di “momento disgustoso”.

Serena Grandi indossa poi i panni della cameriera Aida nel drammone erotico-psicologico “Tranquille donne di campagna” diretto da Claudio De Molinis, alias Claudio Giorgiutti. Film movimentato dal protagonista Philippe Leroy (il padre-marito-padrone Guido Maldini), amministratore di una tenuta rurale padana durante il ventennio fascista. Aida si unisce ai familiari di Guido per ucciderlo (la “vendetta degli schiavi contro il padrone”, Marco Giusti), simulando un suicidio per impiccagione.

Nel film melodrammatico “La Cicala” di Lattuada, basato sul romanzo inedito di Natale Prinetto e Marina D’Aunia, è dominato dalle figure sensuali di Clio Goldsmith (Cicala) e Barbara De Rossi (Saveria) nonché dalla maestria di Virna Lisi (Malin). Simona Grandi interpreta una particina come segretaria di Bertazzoni, recitato da Mario Maranzana.

Al 1981 risale l’interpretazione di Serena nel suo unico film di quell’anno, cioè il comico surrealistico “Teste di quoio” (Teste di cuoio) di Giorgio Capitani, all’epoca degli anni di piombo. I terroristi del Budò (Andy Luotto, Ugo Fangareggi e Nando Paone) sbagliano bersaglio, sequestrando un condominio con i suoi strambi inquilini. Il regista gira una commedia alternativa dove vengono esaltati il ritmo e il gusto per la sofisticazione. Si ride comunque senza troppe pretese e la sceneggiatura di Laura Toscano e Franco Marotta ricorre anche alla slapstick (farsa grossolana): è il caso degli abitanti del condominio che inciampano sempre nello stesso palo dell’ingresso.

Serena Grandi diventa definitivamente un’attrice erotica in “Malamore” di Eriprando Visconti (1982). In questa torbida storia, ambientata nel Veneto del 1917, la villa dell’avvocato Giammarco, adibita a ospedale di guerra, fa da sfondo alle passioni del figlio del proprietario, il nano deforme Marcello Giammarco, interpretato da Jimmy Briscoe. Egli s’innamora in senso platonico della prostituta Maria (Nathalie Nell/Caldonazzo), interessata però solamente al suo denaro. Serena, pur nel “cast minore… alle prime armi” (Marco Giusti) con un Remo Girone pre-Piovra, si trova nel suo primo ruolo importante. Serena appare, in vestaglia e a seno scoperto, nel bordello il stile liberty locale di cui è star Maria.

Per il “Dizionario” di Morandini questo film risulta “amaro e asfittico, pesante e superficiale. Una cornice senza quadro”. Giovanni Buttafava parla di “storia inesistente”, mentre Paolo Mereghetti gli riconosce una dignità dolente e malinconica nel tratteggiare l’amore impossibile tra Marcello e Maria. Privo di morbosità, l’erotismo perverso del film, sceneggiato da Roberto Gandus, si limita a qualche nudo come quelli di Serena Grandi e Monica Scattini. Per la critica di “Segnocinema” il film di Eriprando Visconti “più che per la storia, appena abbozzata… può vantare qualche pregio per l’accurata ricostruzione ambientale e per le notazioni psicologiche quasi sempre azzeccate”.

Nello stesso periodo, rivelando vis comica, Serena partecipa come cassiera anche alla raffica di gag del Pierino fiorentino, Giorgio Ariani, nel film “Pierino la peste alla riscossa” (1982) di Umberto Lenzi con Jenny Tamburi, Renzo Montagnani, Mario Brega, Didi Perego, Elena Fabrizi.

Insieme al duo comico Gigi e Andrea, e con le bellezze Mirella Banti e Anna Kanakis, Serena compare anche nel “mare di risate” di “Acapulco, prima spiaggia… a sinistra” (1983) di Sergio Martino, provocando qualche fremito per le forme prosperose nel duo cacciatore di bellezze.

Nello stesso anno vediamo una notevolissima Serena in azione (con Ramona Dell’Abate) nella satira anti-militarista tratta dai fumetti di Bonvi “Sturmtruppen 2 Tutti al fronte”, debole sequel del primo “Sturmtruppen” samperiano (1976).

 

Finalmente, nel 1985 avviene l’incontro fatale di Serena Grandi con il re dell’erotismo soft-core Tinto Brass. Il pigmalione del cinema a luci rosse la scopre, la lancia e la porta al successo con il film godereccio “Miranda”, su soggetto di Carlo Goldoni, belle musiche di Riz Ortolani e costumi di Jost Jakob; interpretato da attrici come Malisa Longo, Isabelle Illiers, Luciana Cirenei e Laura Rosetta Sassi.

Serena interpreta una giunonica e spudorata Mirandolina da anni Cinquanta, nella Locanda da Gino di Burano, in trepida attesa del marito Rostagni, dato per disperso in guerra. Miranda però ama la vita e il sesso. Vede l’uomo come un giocattolo da mordere e trastullare con voluttà. Passa così il tempo tra amanti fissi e d’occasione, finché non si sposerà di nuovo con il suo cameriere, geloso e innamoratissimo. Farà l’amore in campagna con un parodistico console ex-fascista in soggiorno obbligato (Franco Interlenghi) e amerà, allo stesso tempo, il giovane tecnico statunitense Norman (Andy J. Forrest) che porta con sé i dischi del boogie-woogie acrobatico, il camionista Berto (Andrea Occhipinti) e infine il cameriere Toni (Franco Branciaroli).

Miranda è una donna particolare e curiosa, pensa che denaro e mona vadano d’accordo, al contrario di Toni. Le prime inquadrature sono su Serena che si spoglia generosamente mostrando le solide natiche. Dalla sottoveste trasparente si vede tutto, poi se la toglie in un tripudio di forme. Il console le palpa i grossi seni, poi Miranda diventa oggetto di cunnilingus nel camion di Berto e, in gonna rossa e lingerie nera, si concede del tutto a Norman. Anche la rivisitazione del “Mambo italiano” di Bob Merrill, ballato sulla spiaggia con l’amica Leda (Malisa Longo) è un’altra occasione voyeuristica di mostrare le mutande sotto la gonna multicolore. Toni viene dominato da lei “mezzo-soffocandolo a letto proprio col sederone dirompente” (Marco Giusti).

Esplicito trionfo dunque della carne che però non si ferma solo al sesso femminile. Difatti Miranda scopre, stupita, l’altra faccia (la bisessualità) del camionista Berto (Andrea Occhipinti) che, per questo, finirà per lasciarla. Guardando il sedere di Berto, gli dice: “C’è una sola cosa che non potrò mai farti. Possederti come un uomo” e tenta inutilmente di sodomizzarlo. Serena enuncia una visione della vita libertina e proto-femminista, dichiarando che “le donne frigide non esistono; esistono solo uomini fessi”. Parlando con Leda e Toni, reclama pure l’apertura di bordelli per sole donne.

L’esuberanza fisica di Serena Grandi trova consacrazione divistica in questo film dove interpreta la procace protagonista, versione contemporanea de “La Locandiera” di Goldoni, ben più prodiga dell’originale nel dispensare le proprie grazie a spasimanti e amanti. Il classico di Goldoni diventa il pretesto brassiano per mostrarci il sesso come gioco liberatorio, rappresentato al cinema più come atto onanistico che come copula completa. La cinepresa indugia sui genitali (sulla vagina della Grandi e sui membri virili poco eretti dei suoi amanti), zooma sui culi e la rapidità del montaggio simula i lunghi amplessi interpretati dalle coppie di attori.

Quando il film fu lanciato, Serena si prodigò in affermazioni trasgressive ricordando di aver perso la verginità il 1° gennaio 1975 (a sedici anni) e di amoreggiare nei bagni dei cinema. Serena si presenta come donna degli anni Cinquanta, ma con il cervello delle donne degli anni Ottanta. Sostiene pure che la dimensione degli attributi maschili è importante fino a un certo livello di sicurezza (“al di sotto è solo un disturbo”). Di sé dice ancora che, a differenza delle donne degli anni Cinquanta, sotto ha “due attributi così”!

Con il suo seno opulento, l’allora sconosciuta Serena risvegliò l’antica passione italica per le maggiorate. Come Stefania Sandrelli de “La chiave” (1983) e Francesca Dellera, altra star brassiana, Serena diventa famosa al grande pubblico come icona della prosperità fisica nazional-popolare dalle forme prorompenti (misure in centimetri: 100-60-100). Il pubblico, non solo quello che è solito frequentare i cinema a luci rosse, affolla le sale di proiezione (6 a Roma e 3 a Torino per la prima visione). La Grandi viene rilanciata come diva-scandalo in un contesto dove “dopo dieci anni di attrici impegnate… il cinema si sta rilanciando grazie anche alla figura della maggiorata, una figura semplice, spontanea e bellissima” (Enrico Lucherini). Il seno gonfio, morbido e compatto di Serena Grandi evoca immagini di delizie del Settecento, quando la grande zarina Caterina di Russia si vantava di avere nel proprio petto un alleato che la metteva al riparo da ogni eventuale rivalità femminile. “Non c’è amante che, dopo aver posato la sua testa sul palpitante cuscino del mio seno, non mi dica poi estasiato che io sono la migliore femmina del mondo”: La Grandi sostiene che la donna, per piacere all’uomo, deve potergli offrire un corpo pieno di curve in cui lui possa sognare.

Dopo la breve apparizione neo-peplum, come la malvagia donna-scorpione Euriale, nel fantastico “Hercules II – Le avventure dell’incredibile Ercole” di Luigi Cozzi (1985), Serena Grandi ritorna come Simona all’erotismo patinato de “La signora della notte” (1985) di Piero Schivazappa. Dopo che “La chiave” ha aperto la porta, con “Miranda” che la spalanca, ora “La signora della notte” invita gli spettatori a entrare nella camera da letto rivelando le parti intime della protagonista.

Serena veste i panni di una moglie insoddisfatta che, per sfuggire alla monotonia del matrimonio, si circonda di amanti occasionali prima di ritrovare l’armonia sessuale con il coniuge. Ricordo le esibizioni erotiche di Simona: prima sul balcone, quando la pioggia la libera dagli slip, poi nelle scene di stupro ad Ostia e d’amore con il ginecologo Giulio (Stanko Molnar). Indimenticabili la violenza sessuale finale, quando il marito Marco (Fabio Sartor) possiede Simona senza essere riconosciuto (la vittima ha la testa sotto il divano), nonché la sodomizzazione di Marco a opera della stessa Simona che usa una bottiglia di birra vuota.

Secondo Farinotti è una “storiella esile confezionata su misura” per Serena Grandi con finale “involontariamente umoristico”, mentre Paolo Mereghetti parla di film erotico rozzo e pieno, appunto, di comicità non voluta. Molti altri troveranno imbarazzante “La signora della notte” e la stessa Grandi, in seguito, lo criticherà. Si rende conto che tutta l’attenzione della cinepresa finirà per danneggiarla, poiché mostrarsi e mostrarsi ancora finisce per togliere mistero e sex-appeal al suo ruolo di maggiorata. Ecco che allora vira a 360 gradi, per tornare al soft-core più elegante e fashion di Giulia, contornata da attori d’alto livello come Johan Leysen (Emilio) di “Je vous salue”, Marie di Jean-Luc Godard e Sergio Rubini (Stefano Banti). Serena Grandi diventa così Giulia, “la donna che voleva essere di tutti” nel passionale “Desiderando Giulia” (1986) di Andrea Barzini, il regista di Italia-Germania 4-3.

Uno scrittore in crisi di idee si innamora perdutamente della bella modella Serena (notevoli ancora le esibizioni del suo nudo inflazionato), che però lo tradisce in modo spudorato. Anche Amalia (Valeria D’Obici), sorella dello scrittore tradito, non è fortunata in amore: invaghitasi di un giovane letterato, quando viene abbandonata si suicida. Al contrario, lo scrittore protagonista continuerà a tormentarsi inutilmente per la bellona Serena Grandi. La storia dello scrittore alla fine risulta poco convincente. Questo film non è tra quelli preferiti dai fan di Serena Grandi. “Snobbato dal pubblico e stroncato dalla critica per l’esile struttura narrativa, il film, per Marco Giusti, si salva comunque “nel finalone tutto sesso con la Grandi statuaria che geme attaccata a una colonna (più espressiva di lei) e i due maschi attorno”.

Nel 1986 Flavio Mogherini gira “Delitto passionale” (mai uscito in sala), dove Serena Grandi è la sorellastra della scrittrice Sonia, uccisa a Sofia (Bulgaria) mentre fa sesso con il marito di lei, interpretato da Fabio Testi.

Nella seconda metà degli anni Ottanta, vediamo Serena Grandi emergere con scollature vertiginose tra “schiere di giovani belle e prosperose che sembrano rinverdire i tempi della Loren e della Lollobrigida”, come scrivono Roberto Gatti e Maria Simonetti ne “L’Espresso” del 5 luglio 1987. Erano i tempi dei seni di Tinì Cansino, della bomba sexy ispanica Carmen Navarro, della dirompente Donatella Damiani di “Città delle donne”, di Eva Grimaldi della trasmissione televisiva “Drive in”, delle curve di Sabrina Salerno e Carmen Russo, di Susanna Huckstep (l’Italia sexy del video-clip bennatiano “Ok Italia”), nonché delle ragazze fast-food Francesca Colombo, Giuliana Crespi e Sofia Frisone. Nipotina artistica di Jane Mansfield, della felliniana Anita Ekberg e delle “signorine grandi forme” degli anni Cinquanta e Sessanta come Marisa Allasio e Silvana Mangano di Riso amaro, Serena Grandi diventa il top italiano della maggiorata fisica, ossia della donna avvenente per le prosperose curve erede di Gina Lollobrigida, l’adultera nel film “Altri tempi” (1952) di Alessandro Blasetti. Dal viso duro, non sofisticato, ma molto espressivo, Serena, parlando un italiano arrotondato e sensuale, interpreta in modo veramente fisico e malizioso la Miranda brassiana. Rimane però ingabbiata dentro il tipo aggiornato della maggiorata anni Cinquanta, puntualmente ripreso in alcuni adattamenti letterari come “Desiderando Giulia” di Andrea Barzini (liberamente basato sul romanzo “Senilità” di Italo Svevo) o in tarde appendici della commedia all’italiana come il piacevole road-movie “Teresa” (1987) di Dino Risi o il balneare “Abbrozzantissima” (1987).

Serena-Teresa è la camionista con più curve d’Italia e dal fascino esplicito, in un film scritto per lei da Bernardino Zapponi, Premio Oscar. Questo film modesto pare fatto più per la televisione che per il grande schermo (svanisce la commedia all’italiana nel tv-movie oggi di moda), mentre Luca Barbareschi è Gino ed Eros Pagni interpreta il melomane Nabucco. “Teresa”, film prodotto da Silvio Berlusconi, racconta le vicissitudini (anche sessuali) di una casalinga vedova che si improvvisa autotrasportatrice al posto del marito, scorrazzando per tutta l’Italia con il suo Tir, difendendosi dai creditori e respingendo la corte dei camionisti arrapati. Come aiuto, Teresa si prende un ragazzotto che finisce per innamorarsi di lei. Il loro rapporto diventa burrascoso, finché Teresa non sposa un maturo spasimante. Nel finale a sorpresa, Teresa ci ripensa e torna tra le braccia dell’aiutante. Gran mostra di seni da parte della Grandi, lusingata dall’essere stata scelta dal grande regista Dino Risi, ma l’attrice si mostra carente in dizione e recitazione.

Nell’erotic movie “Abbrozzantissima”, Serena Grandi è la maestra di violoncello di un giovane che fa parte di un gruppetto in gita a Nettuno. Sotto gli ombrelloni, la maestra nel classico gioco di seduzioni scatenato dal suo sex-appeal mette in subbuglio l’intera spiaggia.

Nel trittico “Roba da ricchi” (1987) di Sergio Corbucci, la Grandi cambia versione: on the beach è più sensuale con tocchi di raffinata eleganza. Sembra puntare di più alla qualità, senza rinunziare tuttavia al sex-appeal del comportamento eccessivo di “Miranda” e di “Abbrozzantissima”. In questo film a episodi Serena è Dora, una bellona prorompente che truffa, con l’inconsapevole aiuto di Paolo Villaggio, un assicuratore incapace innamorato di lei. La coppia Grandi-Villaggio è qui inferiore rispetto alla successiva prestazione di “Rimini Rimini”. Nel saggio “La commedia all’italiana” (1990), Enrico Giacovelli scrive che il film di Corbucci (sua pure la direzione di “Rimini Rimini”) è una commediola disimpegnata, lontana eco della commedia italiana, che scopiazza la comedy sofisticata degli Usa, “ma senza troppo convinzione e con insopportabile provincialismo”, a causa anche della non eccelsa regia.

 

Ottima prova di sé dà Serena Grandi nella gioiosa commedia erotica “L’iniziazione” (1987) di Gianfranco Mingozzi, tratto dal romanzo libertino “Les exploits d’un jeune Don Juan” di Guillaume Apollinaire (1880-1918). All’epoca, l’opera di Apollinaire fece scandalo sia per le precise descrizioni pornografiche sia per il sottile antimilitarismo nascosto tra le pieghe estreme del romanzo. Serena Grandi interpreta un vero erotismo d’autore che suggerisce (più che mostrare) le sue curve, scontentando i fans di Tinto Brass & Miranda.

Il regista Gianfranco Mingozzi, seguendo la sceneggiatura del cinefilo Jean-Claude Carrière e di Peter Fleischmann, regista di “Scene di caccia in Bassa Baviera”, ambienta il plot nell’estate del 1914 con il protagonista (il quindicenne Roger) rientrato dal collegio nel castello dei suoi genitori, vicino a Parigi. Costoro, attorniati da una nutrita corte di domestici, rappresentano la nuova borghesia emersa, dopo la rivoluzione industriale, dai resti della vecchia classe nobiliare. Il ragazzo, origliando alla porta o presso il confessionale del curato e spiando le effusioni delle domestiche, va a scoprire il sesso. Vediamo poi il giovane Roger passare all’azione, concupendo la stagionata sovrintendente del castello delusa dal marito impotente. Il coitus però rimane interruptus dallo scoppio della Grande guerra. Con gli uomini al fronte, tuttavia Roger, novello Don Giovanni, trova il campo libero e amerà le donne del castello: la florida domestica Ursula, la giovane istitutrice inglese, la cameriera Hélène e financo la zia vergine in un allegro carosello erotico. Da ultimo, tre delle amanti rimarranno incinte di Roger, che riuscirà comunque a trovare loro il degno marito. Il sesso di Apollinaire, diversamente da quello cupo di Georges Bataille, si fa allegro e solare, contrapponendosi alle brutture della guerra ritenuta “bella” e utile dai genitori di Roger. Gianfranco Mingozzi, ottimo documentarista sociale ed egregio regista con film tipo “La vita in gioco”, rifiuta la grossolanità nonché la volgarità sguaiata dell’erotismo di bassa lega, fornendo un prodotto eccellente dal punto di vista della sensualità ricercata in mezzo a trine, merletti e ottima cura dell’ambientazione.

Serena Grandi con “L’iniziazione” compie un’importante svolta nella propria carriera artistica, interpretando una Ursula veramente morbida, con spregiudicate espressioni infantili, mai però volgari e lontana dalla sensualità grossolana della Miranda di Tinto Brass. Nella scena dell’eccitante gioco dell’iniziazione all’amore del dolce Roger, Serena lo seduce con il petto nudo e atteggiamento di sfida. Con la testa inarcata e i grossi seni in primo piano, Ursula fa capire a Roger che è almeno il caso di toglierle le pesanti calze nere di lana. Roger esegue e da quel momento la coppia si abbandona facilmente al rapporto amoroso. In “Gin Fizz”, Sylvia Spielber scrive che Serena Grandi recita nel soft-core elegante de “L’iniziazione”, concepito per il carattere di un’attrice superiore come Laura Antonelli. Infatti, se Serena per avere il successo del botteghino non esita a spalancare le gambe sullo schermo, in questo lungometraggio ritorna alla lezione soft-core dell’erotica quanto basta Laura Antonelli. Negli anni Ottanta, “in piena pornografia dilagante, Serena ha capito che per essere davvero alla moda conviene mantenere un attimo di mistero, una cosa questa che Laura Antonelli ha sempre saputo” (Sylvia Spielber). Con un’ottima recitazione, Serena tiene inoltre testa all’atteggiamento artificioso di Fabrice Josso (Roger), soperchiando nel mestiere pure Claudine Auger (la madre di Roger) e Marina Vlady (la sovrintendente del castello).

 

Nel teso e torbido thriller “Le foto di Gioia” (1987) con Capucine, Sabrina Salerno e Daria Nicolodi, Serena Grandi è la piacente proprietaria di una rivista per soli uomini. Nella sua villa-studio uno spietato killer fa strage di top-model nude, interpretate da una giovanissima Sabrina Salerno e da Katrine Nichelsen. Si sospetta subito la concorrente Flora, ma il vero colpevole si rivelerà il sadico Toni (Vanni Corbellini). Pure lui farà una brutta fine, mentre annusa le mutandine di Gioia. Splendida la fotografia di Angelo Frontoni, mentre Lamberto Bava è debitore del grande Alfred Hitchcock nella scena del giovane paralizzato voyeur che salverà Gioia, ma il thriller difetta per recitazione piatta e soft-core melenso.

Con la stagione estiva Serena Grandi riesplode in tutta la sua bellezza mediterranea nella commedia dalle divertenti avventure balneari: “Rimini Rimini” (1987) di Sergio Corbucci, con Eleonora Brigliadori, Laura Antonelli, Sabrina Ferilli e Sylva Koscina. Come per magia, sulla costa romagnola ogni estate alberghi, pinete e spiagge si trasformano in ambienti dove si intrecciano tante avventure e illusioni amorose.

Nel primo episodio di questo riuscito film vacanziero, il rigido e austero pretore Gildo Morelli (Paolo Villaggio), un paladino della lotta alla pornografia e alle riviste oscene, rimane frastornato dal nudo in pineta della pornostar esibizionista Lola (Serena Grandi) che aveva condannato in pretura, finendo per innamorarsene. Notevole il topless della maliarda Lola-Serena sull’amaca azzurra stesa tra due pini, in agguato dell’odiato giudice, anche se la scena migliore resta la parodia di “Nove settimane e ½”. L’inquadratura dei glutei venne eseguita con una controfigura perché il sedere della Grandi era così ingombrante da rendere difficoltoso il primo piano. In definitiva, “Rimini Rimini” si salva per i nudi più belli di Serena Grandi. Anche Marco Giusti riconosce come episodio migliore quello di Paolo Villaggio, adescato in pineta da una “popputissima Serena Grandi tentatrice”.

Serena lavora anche con Luigi Magni, Florestano Vancini e con Luciano Ligabue in “Radio Freccia”. Mentre il progetto di film “La vedova scaltra” di Giorgio Ferrara, per la produzione sovietica della Mosfilm, non va in porto. La Grandi viene premiata da Canale 5 con un Telegatto per la fiction “Donna d’onore” (1989), tratto dall’omonimo romanzone best seller della coppia giornalistica che si firma con il nome di Sveva Casati Modigliani.

Negli anni Novanta recita in piccoli ruoli, non privi di autoironia, come la madre sciantosa della lolita in “Monella” (1998) di Tinto Brass, scoprendo nel contempo la forza invasiva della televisione. Tettona supermaggiorata in tempi di immagine, già nota nell’ambiente delle riviste patinate come “Playboy” e “Penthouse” nonché cover-girl di settimanali popolari come “Skorpio”, “Gin Fizz” e “Blitz”, vittima del teleobiettivo in piscina di “Novella 2000”, Serena Grandi ha un curriculum vitae che è indice di grande determinazione e professionalità. Ama i cani e la fotografia. Un altro hobby sono le passeggiate. Adora la musica brasiliana e il suo profumo preferito è Chanel n. 5. Ogni notte dorme almeno dodici ore. Ha assicurato il suo seno per un miliardo di vecchie lire presso la compagnia dei Lloyd’s di Londra. In fondo, però, Serena Grandi, ritenuta dal pubblico un’icona super-glamour, tiene molto a essere una donna acqua e sapone: “vera e genuina”. Sul set rifiuta il trucco pesante e mostra un look tutto naturale.

 

Nella vita privata, dopo tanti amori (clandestini e non), suscita scandalo per aver sposato un uomo più vecchio di lei di vent’anni, però bello sebbene un po’ impietrito, il signor Beppe Ercole, arredatore romano con trascorsi da playboy. Dall’unione nasce Edoardo, un figlio che Serena ha sempre seguito da vicino. Come ricorda Natalia Aspesi de “L’Europeo”, l’evento della maternità fu annunciato a gran voce, con frastuono e ansia sulle orme della Loren mamma nel 1968, trascurando momentaneamente la sua carriera artistica.

Pertanto la filmografia riprende nel 1989-1990 con la commedia “L’insegnante di violoncello” e una particina ne “In nome del popolo sovrano”. Se quest’ultimo è un eccellente affresco storico della Repubblica romana del 1849, nel primo Serena è una prosperosa insegnante (Paolo Mereghetti parla della messa in mostra delle “copiose grazie” della Grandi) che con il suo fascino irretisce un suo borghese e volitivo allievo (Leo Gullotta), il quale aveva deciso di prendere lezioni di musica da lei per sfuggire la noia estiva. Serena però gli preferisce come partner il padre (Michel Roger).

Nel 1992, sull’onda del successo del filone vacanziero del regista Bruno A. Gaburro (ha diretto “Abbronzatissimi” e “Abbronzatissimi 2 – Un anno dopo”), Serena partecipa alle avventure di spiaggia di “Saint Tropez, Saint Tropez” di Castellano e Pipolo, dove l’influsso di “Rimini Rimini” si scioglie nei ricordi dell’Abbronzatissima del 1987. Serena è una moglie in cerca di emozioni collegate al ricordo del primo amore.

A parte la carriera televisiva sviluppatasi con una nutrita serie di fiction come Donna d’onore (1991), Per odio, per amore (1991), Donne sottotetto (1992), Il prezzo della vita (1995), Ladri si nasce (1997) e Anni ’50 (1998), mi limito a ricordare il bel film “Centro storico” (1992) di Roberto Giannarelli, “Graffiante desiderio” (1993) di Sergio Martino e “La strana storia di Olga O” (1995) di Antonio Bonifacio.

La commedia minimalista d’interni “Centro storico” prende il titolo dal centro storico di Roma dove Sandra (Giuliana De Sio) e Graziella (Amanda Sandrelli) coabitano in un appartamento dall’affitto carissimo. Si raccontano sogni, ambizioni, velleità cinematografiche, amore e problemi di spazio con i nuovi arrivati: l’invadente Carola (Serena Grandi), Fabrizio (Roca Rey) e Sabrina Ferilli, che animano vivacemente l’intera vicenda. Nasceranno rancori, gelosie e frustrazioni. La stessa coabitazione sarà poi complicata dall’intervento di Roca Rey e della Ferilli. Serena Grandi canta il brano “Call Me Beeboo” di Calabrese e Trovaioli.

Il pornosoft sadomasochistico “Graffiante desiderio” ambientato a Rimini, invece, si riduce a un gioco di perversioni con finale a sorpresa. Secondo “Spaghetti Nightmare” è un mix di “Luna di fiele” e “Basic Instinct” in cui primeggia Vittoria Belvedere, nella parte della strega Sonia che tenta di eliminare l’odiato cugino, baciato dalla fortuna a differenza di lei. Qui l’ex popputona (definizione del Giusti) Serena Grandi interpreta Marcella Fabbri.

Il giallo “La strana storia di Olga O.” (remake de “Lo strano vizio della signora Wardh” di Sergio Martino con Edwige Fenech), diretto da Antonio Bonifacio, consiste in una vicenda di amori e maniaci. Il marito omosessuale (David Brandon) di Olga (Serena Grandi) la perseguita, tra timide scene soft-core.

Nel 1997, Jerry Calà intruppa poi Serena Grandi nella parte di Fioranna nella sua commedia vanziniana “Gli inaffidabili”. Ci si avvicina intanto alla temperie del nuovo millennio con la “Monella” (1998) brassiana e “Radiofreccia” (1998) di Ligabue, un ritorno alle radio libere degli anni Settanta. In “Monella”, come detto, Serena Grandi fa la parte della madre di Lola, l’esordiente Anna Ammirati. Nonostante gli anni passino, il corpo in carne di Serena (per il “Dizionario Mereghetti” è invece “sfatto”, ma Marco Giusti parla di tette enormi) resiste al tempo in un film erotico patetico e nostalgico. Il cantante Ligabue, invece, chiama la Grandi in un movie di formazione giovanilistica, girato tra autobiografismo e virate di fantasia.

Nel novembre 2003 a Roma un terremoto giudiziario coinvolge Serena Grandi. L’operazione Cleopatra volge al termine con perquisizioni e custodie cautelari nel mondo della politica, dell’imprenditoria e del cinema, per un giro di cocaina e squillo di lusso a € 50 al minuto. Serena finisce in carcere con l’accusa di acquisto e spaccio di stupefacenti, ma poi ottiene gli arresti domiciliari. “È un clamoroso errore giudiziario” sostiene l’attrice. Insieme a lei finiscono in manette Miss Ucraina Lyudmila Derkach (nuova scoperta di Tinto Brass), Nadia Rinaldi di Faccione, due collaboratori del senatore Emilio Colombo, due esponenti del Polo delle Libertà (centrodestra) più altri personaggi della “Roma bene” (come scrive Massimo Lugli ne “La Repubblica” del 19/11/03). Momento terribile e infame per Serena. Interrogata dai magistrati, l’attrice respinge l’accusa di spaccio, sostenendo che la cocaina acquistata era per consumo personale. Nella primavera del 2004, su ricorso del suo difensore Valerio Spigarelli, viene liberata dal Tribunale della libertà (vedi “Il Giorno” del 26/04/2004) che pone fine a questo incubo.

Il ritorno su Rai Uno nel reality “Il ristorante”, condotto da Antonella Clerici tra il 2004 e il 2005, seguito dalle consuete apparizioni nei circuiti radiotelevisivi, sembra restituire Serena Grandi alla tranquillità fuori dal tunnel della cronaca nera.

L’ultima pellicola in cui è apparsa, accettando il poco simpatico ruolo di attrice sfatta e in declino con la sua consueta autoironia, è stata “La grande bellezza” (2013) di Paolo Sorrentino. Un film premiato con l’Oscar.

 

 

FILMOGRAFIA DI SERENA GRANDI

La compagna di viaggio di Ferdinando Baldi (1980)
La Cicala di Lamberto Lattuada (1980)
Antropophagus (Grim Reaper) di Joe D’Amato [Aristide Massaccesi] (1980)
Tranquille donne di campagna di Claudio De Molinis (1980)
Teste di cuoio di Giorgio Capitani (1981)
Malamore di Eriprando Visconti (1982)
Acapulco prima spiaggia… a sinistra di Sergio Martino (1982)
Pierino la peste alla riscossa di Umberto Lenzi (1982)
Sturmtruppen 2 – Tutti al fronte di Salvatore Samperi (1982)
Miranda di Tinto Brass (1985)
La signora della notte di Piero Schivazappa (1985)
Hercules II – Le avventure dell’incredibile Ercole di Luigi Cozzi (1985)
Grandi magazini di Castellano e Pipolo (1986)
Desiderando Giulia di Andrea Barzini (1986)
Delitto passionale di Flavio Mogherini (1986)
Abbrozzantissima di Lawrence Webber [Lorenzo Onorati] (1987)
Roba da ricchi di Sergio Corbucci (1987)
L’iniziazione di Gianfranco Mingozzi (1987)
Le foto di Gioia di Lamberto Bava (1987)
Rimini Rimini di Sergio Corbucci (1987)
Teresa di Dino Risi (1987)
L’insegnante di violoncello di Lawrence Webber [Lorenzo Onorati] (1989)
In nome del popolo sovrano di Luigi Magni (1990)
Saint Tropez, Saint Tropez di Castellano e Pipolo (1992)
Centro storico di Roberto Giannarelli (1992)
Graffiante desiderio di Sergio Martino (1993)
La strana storia di Olga O. di Antonio Bonifacio (1995)
Gli inaffidabili di Jerry Calà (1997)
Monella di Tinto Brass (1998)
Radiofreccia di Luciano Ligabue (1998)
Dopo quella notte di Giovanni Galletta (2010)
Una sconfinata giovinezza di Pupi Avati (2010)
Como estrellas fugaces di Anna Di Francisca (2012)
La grande bellezza di Paolo Sorrentino (2013)

 

Maurizio Maggioni è un autore del saggio “Sexy made in Italy. Le regine del cinema erotico degli anni Settanta” curato da Gordiano Lupi (edizioni Profondo Rosso, 2008)

 

 

 

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