È morto il 22 marzo 2017 a Miami Tomas Milian, nome d’arte di Tomás Quintín Rodríguez Milián. L’attore era nato a Cuba, a L’Avana, il 3 marzo 1933. Viveva da molti anni negli Stati Uniti, ma era noto soprattutto in Italia dove, nonostante avesse lavorato con registi famosi come Lattuada, Visconti o Maselli, era popolare per la sua partecipazione in western e nei film polizieschi dove impersonava l’ispettore Nico Giraldi e il poco onesto quanto romanissimo Sergio Marazzi, detto Er Monnezza.

Tomás Quintín Rodríguez nasce da una famiglia della ricca borghesia cattolica. Suo padre è il generale Emiliano Rodríguez, al servizio del dittatore Gerardo Machado, sua madre è la nipote di un cardinale dell’Avana. Il padre riveste un ruolo importante nel governo di Machado e vorrebbe per il figlio un futuro da militare, sebbene Tomás sin da piccolo manifesti velleità artistiche. Machado viene destituito dal colpo di Stato del 1952, che porta al potere il dittatore Fulgencio Batista.

Il generale Rodríguez viene arrestato e incarcerato per alcuni mesi, cosa che sconvolge la psiche già fragile di un uomo molto fedele a Machado. Non che Machado fosse uno stinco di santo, pure lui era un tiranno affamatore del popolo, ma Rodríguez è un borghese che vive nel lusso mentre Machado proteggeva le persone che lo obbedivano con devozione. Un forte esaurimento nervoso porta il padre di Tomás al ricovero in un ospedale psichiatrico, dove rimane cinque anni. Una volta fuori le cose non migliorano, neppure il rientro nel servizio militare fa da toccasana, tanto che un crescendo di follia lo porterà presto al suicidio.

Durante la detenzione del padre è la zia che si occupa della famiglia e che fa studiare Tomás in un collegio dei salesiani. Tra l’altro, a scuola Tomás è compagno di banco di uno dei figli del nuovo dittatore Batista con il quale diventa molto amico. Il padre, un giorno che si trova nella sua casa di campagna, si uccide con un colpo di pistola proprio sotto gli occhi del piccolo Tomás. L’episodio cruento non migliora il temperamento già di per sé ribelle del figlio, che, dopo aver subito il dolore della morte del genitore, decide di andarsene da Cuba per cercare fortuna negli Stati Uniti come attore. A sedici anni Tomás aveva visto La valle dell’Eden del regista Elia Kazan e si era identificato a tal punto con la storia di James Dean da volerne seguire le sue orme.

Quindi, terminato il liceo, parte per Miami dove si iscrive all’Accademia teatrale della Florida. Si lascia alle spalle la famiglia e anche la facoltosa zia che gli avrebbe pagato volentieri l’Università, ma non una scuola di recitazione. Nel 1958 si stabilisce a New York, dove frequenta l’Actor’s Studio fondato da Elia Kazan e allora diretto da Lee Strasberg. Per vivere fa i mestieri più svariati: lavapiatti, benzinaio, posteggiatore… tutto in funzione del suo sogno. Nel tempo libero impara l’inglese e i corsi di recitazione affinano le sue doti, tanto da permettergli di essere ingaggiato nei teatri di Broadway in alcune produzioni minori, lavori che fanno notare il giovane cubano ai responsabili della rete Nbc, alla ricerca di volti nuovi per una serie televisiva intitolata “Decoy” (1957-58) diretta da Michael Gordon. Questo è il trampolino di lancio.

Per la recitazione ha studiato il metodo Stanislavskij, che consente una totale identificazione dell’attore nel personaggio: cosa che in seguito gli sarà molto utile. Presa la cittadinanza statunitense, viene arruolato nell’esercito, ma si fa congedare al settimo mese dopo essersi procurato la febbre rotolandosi nella neve. Alla fine degli anni cinquanta viene notato da Jean Cocteau, che decide di farlo esordire al Festival dei Due Mondi di Spoleto. Si può dire che da quel giorno la vita di Tomás si lega a doppio filo all’Italia. Infatti, è proprio nella nostra terra che il giovane attore cubano coglie l’opportunità di lavorare per registi come Michelangelo Antonioni e Bernardo Bertolucci.

Tomás arriva così nel nostro paese (acquisirà la cittadinanza italiana nel 1969) per prendere parte all’edizione 1959 del Festival di Spoleto, con la pantomima “Le poète et la Muse” di Jean Cocteau, per la regia di Franco Zeffirelli. Tomás torna a Spoleto anche negli anni successivi, dapprima nel 1960, come interprete di “Maidens and mistress at home at the zoo”, un atto unico di M. Roberts, poi nel 1962, con “Arrivo a Roma” di H. Chadwick (pseudonimo di G.C. Menotti), un altro atto unico. La sua attività sulle scene conosce un ulteriore episodio nel 1965, quando interpreta, con la regia di R. Jacobbi, Evaristo di F. Molè.

Tomás è però destinato ad affermarsi come interprete cinematografico, recitando durante quarant’anni di attività in oltre un centinaio di titoli, per lo più realizzati in Italia. Nel cinema prende subito il nome d’arte di Tomas Milian. L’attore cubano è un grande talento naturale, favorito anche da un fisco asciutto e dotato di una solida preparazione. Esordisce con il notevole “La notte brava” (1959) di Mauro Bolognini, a fianco di altri giovani attori come Franco Interlenghi, Jean-Claude Brialy, Laurent Terzieff, Anna Maria Ferrero e Rosanna Schiaffino, e si afferma presto come uno degli interpreti più dotati della sua generazione. Ne “I delfini”, realizzato da Maselli l’anno successivo, Milian impersona con efficacia il cinico Alberto De Matteis, destinato al matrimonio con la fidanzata Fedora (Claudia Cardinale). Milian torna a essere diretto da Bolognini, che gli affida il ruolo di Edoardo, il cugino del protagonista (interpretato da Marcello Mastroianni) ne “Il bell’Antonio” (1960).

Con intelligenza Milian si allontana dal ruolo del giovane e ricco borghese che rischiava di divenire per lui un cliché, fornendo altre dimostrazioni del suo talento e della capacità di adattarsi con duttilità a parti diverse. Infatti, l’anno dopo lo troviamo ne “L’imprevisto” di Alberto Lattuada, in cui è un professore che rapisce un bambino, e in “Giorno per giorno disperatamente” di Alfredo Giannetti, in cui tratteggia con bravura la figura di uno schizofrenico. In quel periodo Milian è chiamato da alcuni dei più interessanti registi che apprezzano il suo talento. La sua filmografia si arricchisce di titoli quali “La banda Casaroli” (1962) di Florestano Vancini, in cui fornisce un’interpretazione equilibrata impersonando Gabriele, il giovane che finirà suicida. “L’attico” di Gianni Puccini lo vede nella parte del simpatico Claudio, mentre una delle sue prove più mature è “Il lavoro”, l’episodio viscontiano del film collettivo “Boccaccio ‘70”. Qui Milian dà vita all’arido e meschino conte Ottavio, marito infedele della bellissima Pupe (Romy Schneider). La collaborazione con Francesco Maselli si ripropone con “Gli indifferenti” (1964), nel ruolo del velleitario Michele, interpretazione che gli vale il premio “Cinema e Narrativa” ad Agrigento. Lavora poi a “Le soldatesse” (1965) di Valerio Zurlini, tratto dal romanzo di Ugo Pirro, in cui Milian è il tenente Gaetano Martino, incaricato durante il conflitto mondiale in Grecia di portare a destinazione alcune ragazze (Lea Massari, Valeria Moriconi, Marie Laforêt e Anna Karina) costrette dalla fame a prostituirsi, e che finiranno con l’acquisire consapevolezza della loro scelta obbligata. L’attore è anche chiamato a incarnare Raffaello Sanzio nel prestigioso cast di The Agony and the Ecstasy (da noi “Il tormento e l’estasi”), kolossal diretto da Carol Reed nel 1965, a fianco di Charlton Heston e Rex Harrison, e partecipa a “La damigella di Maupin” (1966), elegante versione cinematografica dell’opera di Théophile Gautier diretta da Mauro Bolognini.

A metà del decennio, Milian diviene l’interprete di un considerevole numero di western all’italiana. L’attore sa adeguarsi alle esigenze che una produzione di “genere” comporta, spesso a fianco di altri colleghi (italiani o stranieri) di ottimo livello, e la sua recitazione, talvolta volutamente sopra le righe ed esasperata, si rivela estremamente efficace. Alcuni titoli: La resa dei conti (1966), con Lee Van Cleef e “Faccia a faccia” (1967), con Gian Maria Volonté e Lydia Alfonsi, entrambi diretti da Sergio Sollima. “Se sei vivo spara” (1967), di Giulio Questi con Marilù Tolo, e “Vamos a matar, compañeros!” (1970), diretto da Sergio Corbucci e interpretato da Franco Nero e Jack Palance. L’attore non rinuncia però a lavorare in altre opere, come nel metaforico “I cannibali” (1969) di Liliana Cavani, spaziando dalla commedia di intrattenimento con “Dove vai tutta nuda?” (1969) di Pasquale Festa Campanile al filone gangsteristico con “Banditi a Milano” (1968) di Carlo Lizzani.

Nel corso degli anni settanta-ottanta, Milian dà vita a due personaggi che lasceranno il segno nella storia del cinema di genere. Stiamo parlando del trucido e sboccato Sergio Marazzi detto Er Monnezza, una sorta di simpatico delinquente che collabora con la giustizia, e del maresciallo Nico Giraldi, variante poliziottesca ai limiti della macchietta del medesimo personaggio. Tomas Milian, nelle due interpretazioni, è caratterizzato da lunghi e incolti capelli, da modi gravi e da uno spiccato accento romanesco. Il cosiddetto cinema poliziottesco è ormai alla frutta e i vari commissari che sfidano la malavita organizzata non catturano più l’interesse del pubblico. Al tempo stesso, anche lo spaghetti-western non ha più il vigore del genere portato al successo da Sergio Leone. Accade così che i due generi si rinnovano, nel caso del western all’italiana grazie alla commedia farsesca di Bud Spencer e Terence Hill, mentre nel poliziottesco invece ci pensa Tomas Milian. Si sente la necessità di trovare un personaggio capace di proseguire la strada percorsa dai precedenti ispettori (Maurizio Merli su tutti) ma che esorcizzi, con ironia e insolenza, un ruolo preso troppo sul serio.


Merita raccontare la genesi del personaggio di Nico Giraldi. Galliano Juso e Bruno Corbucci sono a Napoli, per girare “Il trafficone” e accadde che Juso venga scippato da due delinquenti a bordo di una Kawasaki. Juso resta così colpito da quel fatto (“Uno scippo straordinario, irripetibile da quanto era bello…” dirà in un’intervista) che scrive la sceneggiatura per il primo film della saga di Giraldi: “Squadra antiscippo”. Per il soggetto del film si prende spunto dalla trama di “Serpico”, da poco uscito negli Usa, interpretato dal grande Al Pacino. Corbucci e Juso propongono a Tomas Milian la parte e lui accetta di buon grado, facendo però presente che la figura di Serpico è molto lontana dalla realtà Italiana. Secondo lui serve un personaggio popolare, vicino al modo di vivere della gente comune, uno che parli come la gente del popolo. L’idea di Milian è geniale. Nico Giraldi veste abiti eccentrici, scarpe da tennis, parla come un borgataro romano, indossa un berretto multicolore perennemente infilato in testa e ha pure un passato da delinquente di periferia. Tomás è da anni affascinato dal dialetto e dal modo di comunicare dei romani ed è così che nei film di Monnezza e di Giraldi esprime tutto il suo amore per questa città che definisce musicale e divertente. I connotati fisici e il look di Monnezza prima, e di Giraldi poi, traggono spunto dalla controfigura dell’attore, un certo Quinto Gambi, dal quale Milian attinge il gusto della battuta di grana grossa. Tomas Milian viene doppiato da Ferruccio Amendola, ma sa recitare in un dialetto Romano perfetto e, soprattutto, è lui che scrive i testi delle battute dell’ispettore Giraldi. Tutti questi ingredienti contribuiscono a creare una formula vincente, articolata in ben undici pellicole sulle gesta del commissario più sboccato d’Italia.

La filmografia di questo poliziesco sui generis si può dividere in due grandi periodi: quello delle “squadre” e quello dei “delitti”. Il primo descrive la genesi, la caratterizzazione e la definitiva consacrazione del personaggio, mentre il secondo ne rafforza i connotati e ne delinea l’evoluzione verso un genere più familiare o più di mercato, sino al suo declino. Attorno al commissario Giraldi, come nei migliori fumetti, ruotano delle presenze molto importanti che contribuiscono a infondere linfa vitale e continuità alla storia. Ricordiamo Massimo Vanni nella parte del collega Gargiulo, lo straordinario Enzo Cannavale, e l’indimenticabile Franco Lechner (Bombolo), nei panni del ladruncolo Franco Bertarelli, noto col nomignolo di Venticello. I siparietti comici fra Milian e quest’ultimo sono le parti migliori delle pellicole.

Con il passare degli anni le pellicole del ciclo di Nico Giraldi decadono e l’inizio della fine si ha con il passaggio alla scuderia Cecchi Gori, segnato dal film “Delitto al ristorante cinese”. Il prodotto perde la malizia e la grossolanità che lo contraddistingueva e lo stesso Giraldi subisce una pesante ripulita dalla sua proverbiale volgarità, forse per venire incontro a un pubblico più vasto. In più Tomas, in piena fase di rinnovo artistico, dopo essere tornato dall’India in seguito a un lungo periodo di disintossicazione da alcol e droghe, comincia a non gradire più il suo alter ego, divenuto ormai la sua ossessione. Tomas Milian si ritrova ingabbiato in un cliché e in un personaggio, tanto che il suo pubblico lo adora nelle vesti trucide di Monnezza e del maresciallo Giraldi. Così, nel 1984, esce l’ultimo capitolo della saga di Nico Giraldi: “Delitto al Blue Gay”, prodotto dalla Medusa Film. Gli incassi vanno male e contribuiscono a decretare la fine della serie. Tomas Milian è completamente cambiato, sia nell’aspetto che nei ruoli interpretati, pure se nei cuori degli amanti del cinema di genere resta la figura di un poliziotto irriverente e rissoso.

Tra i film realizzati durante il periodo di Nico Giraldi dobbiamo citare anche”La luna” (1979) di Bernardo Bertolucci, in cui Milian è Giuseppe, personaggio attorno a cui ruota l’intera vicenda, e “Identificazione di una donna” (1982) di Michelangelo Antonioni, in cui l’attore è il protagonista, Niccolò Farra, regista alla ricerca dell’idea per il suo prossimo film e alle prese con tormentate figure femminili. Successivamente, Milian prende parte a “Salomè” (1976) di Claude D’Anna, accanto a Jo Champa e a Fabrizio Bentivoglio nella parte di Erode, e a “Gioco al massacro” (1989) di Damiano Damiani, ancora nel ruolo di regista.

Negli anni successivi l’attore si trasferisce negli Stati Uniti e aumentano i suoi impegni all’estero, diretto da registi del calibro di Abel Ferrara nel violento “Oltre ogni rischio” (1989), di Tony Scott nel mélo “Revenge” (1990) e di Oliver Stone nel kolossal “JFK – Un caso ancora aperto” (1991), in cui Milian recita assieme a divi americani appartenenti a diverse generazioni. Milian partecipa anche a numerose serie televisive di produzione statunitensi e, nel 1997, interpreta “Amistad” di Steven Spielberg e “Mela e Tequila – Una pazza storia d’amore con sorpresa” di Andy Tennant. Nel 2000 lo troviamo alle prese con l’ottimo “Traffic” di Steven Soderbergh (2000).

Intervista di “Stracult” a Tomas Milian con filmati d’epoca

La sterminata filmografia di Tomas Milian

Decoy (1957), tv
La notte brava (1959)
Il bell’Antonio (1960)
I delfini (1960)
Un giorno da leoni (1961)
Laura nuda (1961)
L’imprevisto (1961)
Giorno per giorno disperatamente (1961)
L’attico (1962)
La banda Casaroli (1962)
Boccaccio Settanta (1962)
Il disordine (1962)
Il giorno più corto (1962)
Mare matto (1963)
Laviamoci il cervello – Ro.Go.Pa.G. (1963)
Gli indifferenti (1964)
L’uomo (1964), tv
I soldi (1965)
Il tormento e l’estasi (1965)
Io uccido, tu uccidi (1965)
Le soldatesse (1965)
Madamigella di Maupin (1966)
The bounty killer (1966)
Faccia a faccia (1967)
La resa dei conti (1967)
Se sei vivo spara (1967)
Banditi a Milano (1968)
Corri uomo corri (1968)
Tepepa (1968)
Sentenza di morte (1968)
La lunga notte di Tombstone (1968)
Beatrice Cenci (1969)
I cannibali (1969)
Dove vai tutta nuda (1969)
O’ cangaçeiro (1969)
Ruba al prossimo tuo (1969)
Vamos a matar compañeros (1970)
L’amore coniugale (1970),
La vittima designata (1971)
Un uomo dalla pelle dura (1971)
Fuga da Hollywood (1971)
La banda J & S – cronaca criminale del Far West (1972)
La vita, a volte, è molto dura, vero Provvidenza? (1972)
Non si sevizia un Paperino (1972)
Il consigliori (1973)
Ci risiamo, vero Provvidenza? (1973)
Il bianco, il giallo e il nero (1974)
Milano odia: la polizia non può sparare (1974)
Squadra volante (1974)
Il giustiziere sfida la città (1975)
I quattro dell’Apocalisse (1975)
La polizia accusa: il servizio segreto uccide (1975)
Una donna da uccidere (1975)
Quaranta gradi all’ombra del lenzuolo (1976)
Liberi, armati, pericolosi (1976)
Pazzi borghesi (1976)
Roma a mano armata (1976)
Squadra antifurto (1976)
Squadra antiscippo (1976)
Il trucido e lo sbirro (1976)
La banda del Gobbo (1977)
La banda del Trucido (1977)
Il cinico, l’infame e il violento (1977)
Messalina, Messalina! (1977)
Squadra antitruffa (1977)
Il figlio dello sceicco (1978)
Squadra antimafia (1978)
Assassino sul Tevere (1979)
La luna (1979)
Rebus per un assassino (1979)
Squadra antigangster (1979)
Delitto a Porta Romana (1980)
Il lupo e l’agnello (1980)
Delitto al ristorante cinese (1981)
Manolesta (1981)
Uno contro l’altro… praticamente amici (1981)
Cane e gatto (1982)
Delitto sull’autostrada (1982)
Identificazione di una donna (1982)
Monsignore (1982)
Delitto in Formula Uno (1983)
Il diavolo e l’acquasanta (1983)
Delitto al Blue Gay (1984)
King David (1985)
Miami Vice (1985), tv
Un giustiziere a New York (1985), tv
Salomè (1986)
Luci lontane (1988)
Una casa a Roma (1989) tv
Gioco al massacro (1989)
Oltre ogni rischio (1989)
Voglia di vivere (1990) tv
Drug Wars: The Camarena Story (1990) (tv
Havana (1990)
Revenge – Vendetta (1990)
Money (1990)
JFK – Un caso ancora aperto (1991)
Avvocati a Los Angeles (1991) tv
Frannie’s Turn (1992) tv
Nails – un poliziotto scomodo (1992) tv
La signora in giallo (1992) tv
Love, Honor & Obey: The Last Mafia Marriage (1993) tv
Marilyn & Bobby: Her Final Affair (1993) tv
Sonny & Pepper – Due irresistibili cowboy – The Cowboy Way (1994)
The Burning Season (1994) tv
Amistad (1997)
Oz (1997)
Mela e Tequila – Una pazza storia d’amore con sorpresa (1997)
The Arturo Sandoval Story (2000) tv
The Yards (2000)
Traffic (2000)
Washington Heights (2002)
he Lost City (2004)
La Fiesta del Chivo (2005)
Roma nuda (2013)
Fugly! (2014)

 

(Gordiano Lupi è autore del libro “Tomas Milian, il trucido e lo sbirro”, Profondo rosso editore 2004, 255 pagine – 25 euro).

 

2 pensiero su “ADDIO A ER MONNEZZA”
  1. […] Il film che Fulci ha sempre dichiarato di preferire, Beatrice Cenci (1969), ebbe grossi problemi con la censura ed è ancora oggi uno dei meno citati e probabilmente dei meno visti. È la terza rilettura italiana (dopo quelle di Freda e Brignone) del dramma della sedicenne Beatrice Cenci, vissuta alla fine del Cinquecento e condannata a morte con l’accusa di aver ucciso il padre. Secondo Tommaso La Selva (L’opera al nero – Nocturno Dossier) il film “non è una parabola sul male o sull’ambiguità, ma un vero e proprio horror gore in costume”. Beatrice è Adrienne La Russa, il suo servo amante e complice Tomas Milian. […]

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