Quando, negli anni settanta, in America compaiono con maggiore frequenza i remake, anche il cinema italiano comincia a produrre film che si rifanno ai titoli americani (e non solo) di maggior successo. Con una certa prevalenza di pellicole appartenenti ai generi che in quel periodo andavano per la maggiore: la fantascienza, il thriller e l’horror. Alcuni di questi film, più che mere scopiazzature, possono essere considerati variazioni sul tema e il risultato è tutt’altro che indegno. Ne forniamo cinque esempi tra i più riusciti.

Si può far risalire tale tendenza al 1974, quando i produttori nostrani cercarono di sfruttare gli incassi stratosferici realizzati l’anno prima dal capolavoro di William Friedkin: L’esorcista (The Exorcist). Edmondo Amati affidò ad Alberto De Martino la regia di L’anticristo, nel quale una giovane donna costretta su una sedia a rotelle a seguito di un trauma psichico subito da bambina manifesta i primi sintomi di possessione demoniaca.
Il secondo film che si ispira a L’esorcista, ma anche a Rosemary’s Baby, è Chi sei? (conosciuto anche con il titolo inglese Beyond the Door), esordio dietro la macchina da presa di Ovidio G. Assonitis (che si firma con lo pseudonimo Oliver Hellman). In questo caso a essere posseduta è Jessica, madre di due bambini e in attesa di un terzo, che però è figlio del demonio. Un film sottovalutato (come tutto il cinema di Assonitis, sia quello diretto che prodotto), beffardo e carico di tensione psicologica.

Nel 1975 esce Lo squalo (Jaws), di Steven Spielberg, strepitoso sia dal punto di vista qualitativo che al botteghino. Due anni dopo ancora Assonitis gira il pregevole Tentacoli, una co-produzione Italia-Stati Uniti con protagonista una gigantesca piovra assassina. Per vedere un feroce squalo bianco di nazionalità italiana bisogna aspettare il 1980, quando arriva nelle sale L’ultimo squalo, di Enzo G. Castellari (suo anche Il cacciatore di squali, del 1979, però più avventuroso).
Il film prodotto da Ugo Tucci riprende a grandi linee il plot del modello spielberghiano e, soprattutto, del seguito, Lo squalo 2, diretto nel 1978 da Jeannot Swarcz (la scena dell’elicottero che abbiamo scelto replica, variandola, quella del film americano). Tanto che la Universal, major produttrice dei due successi hollywoodiani, accusò gli autori di plagio e riuscì a farne ritirare le copie. In effetti anche in questo caso la vicenda è imperniata su un mastodontico squalo che fa strage di bagnanti lungo le coste di una cittadina americana. In ogni caso Castellari, grande estimatore del cinema a stelle e strisce, privilegia la spettacolarità, la tensione e i passaggi truculenti, piuttosto che la psicologia dei personaggi e l’aspetto metaforico.

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Il sottogenere sui morti viventi italico prende l’abbrivio nel 1979 con un’altra produzione firmata da Ugo Tucci, vale a dire Zombi 2, di Lucio Fulci, sulla scia di Zombi (Dawn of the Dead), il capolavoro diretto l’anno prima da George A. Romero. I due film hanno però ben poco in comune.
In Romero i morti tornano a vivere a causa delle radiazioni, qui invece siamo nei Caraibi e l’epidemia ha a che fare con un virus non meglio specificato e con la magia nera. Ma le differenze sono anche altre. Zombi ha un ritmo sostenuto, specie nella seconda parte. Quasi da film d’azione, e gli zombi non fanno granché paura. Sono vittime predestinate, e la metafora politica e sociale stempera la truculenza di alcune scene. Zombi 2 invece è un’opera terrificante, macabra, ossessiva, insostenibile, ora iperrealista, ora surreale. Esempio significativo è la scena che presentiamo, in cui lottano uno zombi e uno squalo.

Dopo l’exploit di Alien (1979), di Ridley Scott, non potevano certo mancare le pellicole italiane con soggetti più o meno simili. Tra queste, va senz’altro citato Alien 2 sulla Terra, diretto nel 1980 dal produttore Ciro Ippolito (che si firma Sam Cromwell) e Biagio Proietti (che iniziò a girarlo ma fu poi estromesso).
Un film talmente povero di mezzi da risultare divertente e angosciante al contempo. Con alcune buone idee di regia, per esempio quella di riprendere gli attacchi dell’alieno dal punto di vista del mostro (come possiamo vedere nella scena scelta), riducendo in questo modo le spese per gli effetti speciali. Ambientato quasi completamente in una caverna sotterranea, può contare su un bel finale apocalittico e su molti effetti gore.

Un altro classico esempio di film italiano girato in fretta e furia per sfruttare il successo, in questo caso di Guerre stellari (Star Wars, 1977), è Scontri stellari oltre la terza dimensione (Starcrash), diretto nel 1978 da Luigi Cozzi (con lo pseudonimo Lewis Coates) e realizzato in co-produzione con gli Stati Uniti.
Il regista, essendo un grande appassionato ed esperto di fantascienza, non si limita a scopiazzare George Lucas, ma attinge a fonti diverse e riesce a dare vita a un universo fantasy variegato e, nonostante i pochi soldi a disposizione, messo in scena con una certa inventiva anche visiva. Nella scena scelta, vediamo l’avventuriera Stella Star (interpretata dall’attrice di culto Caroline Munro) alle prese con la regina delle Amazzoni, che ha le fattezze di Nadia Cassini.

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